Forse non lo abbiamo capito bene. Siamo nel mezzo di una rivoluzione, uguale a quelle che ci sono state e che hanno funestato la storia passata, questa volta però fortunatamente non ci sono né morti né feriti. Peccato che molti dei politici e commentatori non se ne siano accorti e continuino a parlare come se fossimo ancora dentro un quadro politico da prima repubblica. Girano nomi come Amato per provare a fare un governo che ottenga la fiducia. Si fa finta che sia tutto come prima. Anche i talk show continuano a ospitare i soliti noti. Si ripesca quel vecchio armamentario di parole che ha sempre accompagnato tutte le formazioni di governo passate.
Intanto D’Alema interviene come ai vecchi tempi pensando che l’offerta ai grillini della presidenza della Camera possa essere un’arma di scambio per ottenere una loro collaborazione. E’ come se non volessero vedere. E’ troppo forte la voglia di non cambiare. E’ l’estrema difesa di un potere politico e mediatico stordito dal risultato delle elezioni perché chiuso in un mondo assolutamente autoreferenziale dove media e politica anziché essere separati sono compenetrati grazie a porte girevoli che permettono continui passaggi da una parte all’altra.
Un blocco contro cui si è scagliato il M5S e ha vinto. Non per riformare il Parlamento e i partiti ma per farli saltare in aria. Quello che viene fuori dal dialogo tra Fo, Casaleggio e Grillo (Il grillo canta sempre al tramonto) è chiaro: il M5S, almeno nelle intenzioni dei suoi fondatori, è quello di avviare una rivoluzione profonda, sociale, politica e economica. Non di vincere un’elezione. Il “comico” fa terribilmente sul serio. Ma gli altri non ci credono e pensano che basti un fiore per fermare i cannoni di Grillo, che peraltro si guarda bene dallo smettere di sparare.
Qualcuno si scandalizza per gli apprezzamenti poco gentili usati nei confronti di Bersani (“morto che cammina”). Ma vi ricordate cosa non si diceva dei democristiani? Chi fa la rivoluzione non è educato. Le rivoluzioni vanno fatte fino in fondo, finché il nemico non c’è più. Ringraziamo il cielo che a nessuno è venuto in mente di bruciare il Parlamento. Questi mesi passati assomigliano agli ultimi giorni di tutti quei regimi che sono stati spazzati via dagli insorti. Fino all’ultimo chi sta al potere non vuole capire quello che sta succedendo, nessuno ha riconosciuto la gravità dello scontro che c’è oggi in Italia tra vecchie e nuove generazioni, tra garantiti e non garantiti.
L’occhio fisso sui conti delle banche e quelli dell’Europa, quella è stata l’unica realtà riconosciuta, il resto niente. Nessun segnale verso i giovani, nessun aiuto ai non garantiti, anzi, la riforma Fornero li ha ricacciati ancora più nella disperazione togliendo loro quel poco che c’era (basta contratti a progetto, solo partite Iva). Le primarie avevano dato l’illusione che ancora il sistema reggesse, che si potesse rilanciare la vecchia politica. Era solo un fuoco fatuo, una luce nel nulla. Si è sfaldato tutto, il potere politico è vuoto, quello della Chiesa anche, in contemporanea.
In un caso come nell’altro la corruzione è la causa principale del disastro. Così il sogno degli anarchici si è avverato senza neanche sparare un colpo, in un caso è bastata la rete che vale più delle tv e delle armate di Stalin, nell’altro caso ci ha pensato un maggiordomo a far saltare il tappo. Il che ha dell’incredibile. L’onda contestatrice del ’68, e poi il terrorismo con tutto il bagaglio ideologico di un secolo non ce l’avevano fatta a distruggere il “sistema”, un comico, un imprenditore e un maggiordomo sì. Loro hanno denudato il potere, hanno fatto vedere che sotto non c’è niente. Ma è uno scherzo? No. Ancora una volta stupiamo i nostri amici europei: noi italiani, autentici filosofi nella nostra consapevole superficialità, abbiamo capito la verità profonda con cui dobbiamo misurarci e che altri non vogliono riconoscere: il sistema economico e politico attuale si regge sul nulla e non può che crollare da un momento all’altro. La resa dei conti l’abbiamo anticipata noi. Per tanto tempo abbiamo fatto finta di niente, adesso basta. La commedia è finita. Comincerà ora la tragedia?