Dalla Germania è arrivato ufficialmente il primo sì da una delle due Camere sul via libera alla tassazione dei link per motori di ricerca e aggregatori di notizie. I timori già sollevati lo scorso anno, hanno trovato concretezza venerdì quando in un’aula letteralmente spaccata a metà, 293 contro 243 voti, è passato il provvedimento che promette di rivoluzionare l’editoria digitale. I produttori di notizie e gli editori avranno il diritto esclusivo sulla disponibilità pubblica, parziale o completa, per scopi commerciali dei loro articoli. Sotto attacco, dunque, Google che, dopo il pagamento “forfettario” per i diritti d’autore di 60 milioni di euro agli editori francesi, dovrebbe così pagare i quotidiani online tedeschi per ogni notizia inserita all’interno del motore di ricerca.
Dopo una recente modifica al testo della legge, rimarrebbero invece esclusi i link di citazione inseriti all’interno di blog e social network, così come piccole parole o frasi più corte di un titolo. Una definizione ancora imperfetta di ciò che sarà tassato ma che sta già dividendo politici e internauti. Ma nulla è ancora ufficiale: nonostante il sì del Bundestag, manca ancora l’approvazione del Bundesrat in cui è già stata annunciata una dura battaglia dai partiti dell’opposizione. “Nessuno, tranne alcuni grandi editori, vuole questa legge – è stato il commento di Tabea Rossner, esperto di media e membro del partito dei Verdi -, certamente non la vuole nessuno nel mondo di internet”.
Tra i contrari spicca ovviamente Google che già alla proposta del primo disegno di legge, poi modificata con l’esclusione dei singoli link, aveva portato avanti la campagna “Defend Your Net“: “Come risultato dal voto di oggi (venerdì 1 marzo, ndr.), è stato arrestato il copyright accessorio nella sua forma più dannosa – è il commento di Ralf Bremer, portavoce di Google per la Germania -. Gli editori e le società internet sono in grado di innovare insieme, così come sta facendo Google in molti paesi: questa legge non è necessaria”. La questione torna ad essere sulla necessità di tassare le aziende internet che macinano ricavi sul territorio nazionale, pur avendo formalmente la sede amministrativa in un altro stato. A questo si aggiunge inoltre la proprietà intellettuale delle notizie prodotte che, pur comportando dei costi per la loro realizzazione, fruttano all’editore solamente gli introiti pubblicitari diretti, mentre vanno a Google e agli aggregatori di notizie, i ricavi legati alla pubblicità per la loro diffusione.
Questo aspetto ha trovato quindi favorevoli gli editori tedeschi, che hanno accolto di buon grado il primo sì del Parlamento: “Con questa legge sul copyright accessorio – ha commentato il portavoce della Federation of German Newspaper Publishers – le case editrici hanno ora un diritto che gli altri intermediari hanno avuto per lungo tempo”. Così come i membri dell’European Publishers Council che hanno giudicato il voto della Bundestag come “il primo passo avanti verso il riconoscimento in termini di copyright, del valore e del costo degli investimenti in contenuti giornalistici professionali”. Quasi una risorsa per l’Epc che vede in questa nuova legge un volano per un nuovo mercato di aggregatori di notizie, un nuovo modello di business che si baserà su licenze ben precise sui contenuti utilizzati. La parola passa ora al Bundesrat per la seconda approvazione, mentre la Süddeutsche Zeitung commenta: “Il Bundestag ha approvato una legge che non farà felici né gli editori, né la critica, né il pubblico. Chi sarà aiutato da una legge che non ha vincitori, ma solo perdenti da entrambe le parti?”.