Lo hanno comunicato le forze armate del Ciad attive a Bamako. L'emiro era a capo del "Battaglione di sangue", una formazione del Maghreb legata ad al Qaeda. Nel rapimento del 16 gennaio scorso hanno perso la vita, in totale, 37 ostaggi e 28 rapitori
E’ stato ucciso per mano delle forze armate del Ciad attive in Mali l’emiro Mokhtar Belmokhtar, leader di una formazione legata ad al Qaeda nel Maghreb. Belmokhtar è stata la mente del sequestro dei dipendenti dell’impianto gasiero algerino di Bp e Sonatarch a In Amenas il 16 gennaio scorso in cui hanno perso la vita, in totale, 37 ostaggi e 28 rapitori. I sequestratori sono stati eliminati da un blitz dei commando algerini.
“Sabato due marzo a mezzogiorno le forze armate ciadiane presenti nel Mali settentrionale hanno completamente distrutto una base terrorista”, ha dichiarato il portavoce delle truppe di Ndjamena, il generale Zacharia Gobongue in un comunicato letto alla tv di Stato. “Tra i diversi terroristi uccisi – ha proseguito – anche il loro leader Mokhtar Belmokhtar”. Cieco da un occhio, si nascondeva “nella base di Adrar nelle remote montagne di Ifoghas”.
L’uccisione in Mali da parte di truppe ciadiane della mente del sequestro di centinaia di ostaggi nell’impianto di In Amenas in l’Algeria conferma come l’Africa settentrionale sia ormai da un ventennio uno dei terreno di battaglia privilegiati dagli jihadisti in Africa. Mokhtar Belmokhtar era a capo del commando del gruppo Katiba Al Muthalimin (“Battaglione di sangue”), legato ad Al Qaeda e a sua volta derivato dal Gspc (Gruppo Salafita per la Preparazione e il Combattimento). Per l’Algeria post indipendenza lo spartiacque è stato il 1992, quando il regime annullò le elezioni vinte dal partito islamista Fis (Fronte Islamico di Salvezza). Il Paese nordafricano sprofondò nella guerra civile che si concluse solo nel 2002 con un bilancio di 150mila morti. Durante il conflitto, il Gia (Gruppo Islamico Armato) lanciò brutali offensive contro tutti coloro che erano ritenuti vicini al governo, massacrando innocenti anche stranieri. Una fazione del Gia, guidata da leader come Hassan Hattab, Shaykh Abou al-Baraa e Saifi – El Para, diede vita nel 1998 al GSPC, che dal 2000 abbracciò sempre di più l’ideologia di Al Qaeda.
Il Gspc si impose all’attenzione internazionale nel 2003, quando 32 ostaggi europei furono rapiti nel deserto dell’Algeria meridionale. Questo gruppo iniziò a intessere rapporti con movimenti jihadisti presenti nei paesi limitrofi, quali la Tunisia, dove si alleò con il Gruppo islamico combattente tunisino (Gict), il Gruppo islamico combattente marocchino e il Gruppo islamico combattente libico (Lifg). Il successo di Al Qaeda in Iraq portò a una trasformazione del Gspc in Al Qaeda nel Maghreb Islamico; quest’ultima si distinse, rispetto al proprio predecessore, per un maggiore impegno nella regione del Sahara e del Sahel, in particolare in Paesi come il Mali e la Mauritania, finanziandosi attraverso i rapimenti e il contrabbando.
I vuoti di potere creatisi in seguito alle rivolte arabe del 2011 aprirono nuovi spazi per questi gruppi jihadisti. In particolare, il crollo del regime di Gheddafi causò l’afflusso di milizie di tuareg armati, prima controllati dal regime libico, nella parte settentrionale del Mali. I tuareg, coalizzati nel Movimento Nazionale per la Liberazione dell’Azawad, combatterono per l’indipendenza dal governo centrale del Mali, con sede a Bamako. Il gruppo jihadista Ansar Dine, guidato dal tuareg Iyad Ag Ghaly, sostenne in un primo tempo le rivendicazione del Mlna per poi dedicarsi alla creazione di uno stato islamico nel nord del Mali. In quest’area geografica, era sempre più probabile il rischio del verificarsi di una saldatura con altri gruppi jihadisti africani, quali il Boko Haram, attivo nel nord della Nigeria, e gli Shabab somali. La galassia jihadista avrebbe dunque trovato un porto franco nel vuoto di potere e di controllo del territorio del nord del Mali. Nel Mali, oltre ad Ansar Dine, è attivo anche il Movimento per l’Unità (Tawhid) e il Jihad nell’Africa Settentrionale (abbreviato in Mojwa o Mujao), guidato da Omar Ould Hamaha. Il gruppo è considerato una fazione staccatasi dall’Aqim con l’obiettivo di espandere il jihad in tutta l’Africa occidentale. Il suo leader, Hamada, avrebbe affermato che il principale Paese finanziatore dei jihadisti è la Francia, riferendosi ai riscatti pagati dai governi europei per la liberazione dei propri connazionali.