Cronaca

4 marzo 2013, Lucio Dalla e il karaoke di piazza

Compromettersi fino allo stremo, fino al… limite fisico del racconto. Quel modo di lavorare cercando sempre, levigando il proprio pensiero momento dopo momento ripetendosi come un mantra che, alla fine, anche la musica è solo un lavoro, senza mai credere di essere diventato qualcuno. Questo era Lucio Dalla, a volte ne parlavamo e non c’era il minimo compiacimento nella sua voce, anzi cera una nota di sofferenza che, per quanto cercasse di nascondere, rendeva il senso di verità che comunque andavamo cercando.

Oggi come trent’anni fa è evidente che il successo l’ha avuto, oggi che viene consumato come il chewing gum, quei ragionamenti bruciano ancora nella mia mente alla ricerca di verità, solo che ora devo farli da solo.

Non è piacevole vedere un amico usato per poi essere riposto nell’armadio come un cappotto, in attesa del prossimo inverno, del prossimo anniversario, ma so che a Lucio andrebbe bene così. Perché questo era il suo gioco, iniziato cinquant’anni fa senza quasi averlo voluto, ma che una volta iniziato l’ha giocato secondo le regole finchè non è riuscito a farle sue e ad imporne persino di nuove.

Si ascoltava jazz, lirica e sinfonica, ma quando doveva lavorare poi cercava un linguaggio il più semplice possibile, che la gente cantasse, che i poveri cristi e i top manager potessero distruggere i problemi riconoscendosi chi in un verso, chi in un altro, cercando di cantare la normalità intima e quotidiana piuttosto che la stranezza eccentrica.

In questo anno passato senza di lui avrei voluto più silenzio, che chi l’avesse voluto ascoltare potesse incontrarlo cantandosi le strofe nel proprio intimo con un amore segreto invece che in un karaoke di piazza. Ecco questo gli avrebbe certo fatto piacere, ma queste sono le regole del gioco che lui aveva pilotato come un Nuvolari trionfante per anni e che accettava senza considerarle come dei limiti ed è giusto che l’industria dello spettacolo innalzi nell’Olimpo l’icona del nuovo immortale.

Certo noi che gli siamo stati vicini, chi l’ha conosciuto davvero ricorderà sempre l’uomo di carne e sangue che raccontava bugie, gli scherzi fatti e quelli ricevuti, la determinazione e il sudore, i dubbi e i calzini bucati di questa icona che anche lui vorrebbe che almeno un poco puzzasse.

… hai mai preso un treno? Ma un treno che quando parte parta davvero…