Caro Grillo, hai a che fare con delle vecchie volpi del potere, cerchiamo di non farci infinocchiare. Dico “farci” perché un italiano su quattro ha votato per te e senza il Movimento 5 stelle non si può fare nessuna maggioranza, quindi oggi hai delle responsabilità verso tutti gli italiani, responsabilità che fino al 25 febbraio non avevi.

Un modo per farsi infinocchiare è mettere all’ordine del giorno delle questioni irrilevanti, per di più impossibili da risolvere in tempi brevi come l’articolo 67 della Costituzione, quello che vieta il “vincolo di mandato” per deputati e senatori. Capisco che tu possa essere preoccupato della compattezza del gruppo parlamentare e dei tentativi di far cambiare casacca agli eletti del Movimento ma il vincolo di mandato non c’entra: è un principio che si trova in tutte le costituzioni dal 1791, quando i francesi fecero la loro costituzione scrivendo “I rappresentanti nominati in un dipartimento non saranno rappresentanti di un particolare dipartimento ma della Nazione intera e non si potrà dare loro alcun mandato” (cioè istruzioni vincolanti).

Il senso di questa clausola è che, nel dibattito parlamentare, ogni deputato o senatore deve essere libero di formarsi la propria opinione, senza essere obbligato a difendere gli interessi di Messina (se è stato eletto lì) o di un leader che lo ha messo in lista (come i soldatini di Berlusconi che votarono che Ruby era la nipote di Mubarak, forse la pagina più vergognosa nella storia del parlamento repubblicano dal 1946 ad oggi).

Ciò di cui la democrazia italiana ha bisogno, invece, è la possibilità di revoca degli eletti, un meccanismo simile a quello americano del recall. Gli elettori non sono contenti del comportamento del loro deputato? Si fa una petizione per revocargli il mandato e si vota, nella circoscrizione dove è stato eletto, per verificare se la maggioranza dei cittadini è d’accordo oppure no. Secondo il costituzionalista Michele Ainis, che ne ha scritto qualche mese fa sulla Stampa, “la funzione del recall è quella di utilizzare uno strumento di democrazia diretta per rendere più autorevole la democrazia rappresentativa. La democrazia rappresentativa, quella delegata, quella dei consiglieri regionali, dei parlamentari, diventa più autorevole se chi si trova a esercitare un ruolo di potere deve poi risponderne e renderne conto. […] Il recall è questo, nel senso che mi consente di revocarti se io che ti ho eletto ritengo che tu sia – o sia diventato – immeritevole rispetto a quella carica”.

Come ho scritto nel mio recente libretto sulle elezioni, ovviamente il recall richiede alcune condizioni per evitare abusi: in primo luogo, non può essere ammesso già all’indomani del voto perché altrimenti le campagne elettorali diventerebbero permanenti. Si potrebbe stabilire un lasso temporale minimo, per esempio un anno, prima di poter utilizzare questo istituto. In secondo luogo, la richiesta deve provenire da una frazione significativa del corpo elettorale, supponiamo il 10% degli aventi diritto al voto. Infine, si dovrebbe applicare soltanto a parlamentari eletti in collegi uninominali, perché la revoca del mandato in un collegio elettorale plurinominale potrebbe alterare il gioco democratico.
Questo, in realtà, non è un problema insuperabile: sarebbe sufficiente stabilire che il recall del deputato Rossi non farebbe scattare una nuova elezione generale aperta a qualsiasi risultato: la possibilità di far decadere il deputato attraverso una consultazione popolare nella circoscrizione (che potrebbe anche rispondere negativamente e mantenerlo in carica) sarebbe legata alla clausola che il suo successore sarebbe il primo dei non eletti dello stesso partito. Questa è una riforma che si potrebbe fare senza modificare la Costituzione e quindi potrebbe essere attuata in tempi brevi.

Sarebbe molto meglio, però, fare una nuova legge elettorale che si basi su collegi uninominali, rafforzando il legame tra gli eletti e il territorio. Anche questo, però, è un terreno minato e le vecchie volpi della politica, caro Grillo, ti aspettano al varco per fregarti. Ne riparleremo domani.

 

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