Il Paese vive dal 2010 uno stato di crisi latente, con un esecutivo formato di fatto dopo 541 giorni di crisi dagli sconfitti alle elezioni e composto per 10 dodicesimi da ministri già impegnati nel governo precedente. Ma l'economia del Paese è una delle più sane dell'Europa, nonostante la crisi
Le elezioni apriranno in Italia un lungo periodo di ingovernabilità? Diciamo che non sarebbe la prima volta in Europa. Un altro Paese, il Belgio, ha vissuto un’esperienza simile in tempi recenti: 541 lunghi giorni di crisi politica, a partire dalle legislative del 13 giugno 2010. E ancora oggi Bruxelles vive in uno stato di crisi latente. Dove la situazione potrebbe precipitare da un momento all’altro. Ebbene, Italia e Belgio presentano diversi elementi in comune (nel bene e nel male). E dal nostro piccolo «collega» europeo potrebbero arrivare indicazioni sui prossimi sviluppi a Roma.
Un nuovo partito “populista” – Non è che il Belgio sia mai stato un Paese politicamente stabile: era già rimasto senza governo per 194 giorni fra il 2007 e il 2008, con l’esecutivo precedente a sbrigare gli affari correnti. L’instabilità è strutturale, dovuta a un sistema federale sempre più pronunciato, troppo complesso, che blocca i meccanismi decisionali a livello nazionale. E’ il frutto dell’annosa battaglia fra il prospero Nord fiammingo e il Sud francofono, in difficoltà economiche. Ma quel 13 giugno 2010 le cose divennero ancora più complicate a causa della vittoria schiacciante nelle Fiandre del N-Va (Nuova alleanza fiamminga), partito nazionalista di destra, di formazione relativamente recente. Guidato dal carismatico Bart De Wever, divenne il primo partito anche a livello nazionale, con il 17,4% dei voti. E’ definito da alcuni “populista”, ma il dibattito è aperto.
Lo scorso Natale, anche il re Alberto II ha fatto allusione al “problema” N-Va, affermando: “La crisi degli anni 30 e le reazioni populistiche dell’epoca non sono dimenticate”. Come dire: con questi separatisti finiamo come con i nazisti. De Wever ha chiesto l’abolizione dei poteri monarchici. Le critiche sono arrivate anche da altre parti.
Unica soluzione: l’inciucio – Ma ritornimo al fatidico 13 giugno 2010. Il re affidò subito a De Wever, in quanto leader del partito che aveva la maggioranza relativa in Parlamento, l’incarico di formare il governo. Ma bastarono una ventina di giorni per capire che era missione impossibile. Iniziarono così mesi e mesi (venti in tutto) di negoziati e incontri segreti per arrivare al nuovo esecutivo, ancora oggi in carica, presieduto da Elio Di Rupo. E che mette insieme i socialisti sia valloni che fiamminghi e i democristiani e i liberali di entrambe le aree linguistiche del Paese. Si va dalla sinistra alla destra: tutti contro il N-Va.
Da sottolineare: il nuovo governo, che si è insediato il 6 dicembre 2011, comprendeva 12 ministri, dieci dei quali erano gli stessi di quello di Yves Leterme, in carica fino al giugno 2010 e rimasto nel frattempo a sbrigare l’amministrazione ordinaria. Insomma, 541 giorni per ritornare al punto di partenza. E, se le elezioni avevano indicato nelle Fiandre, la parte più popolosa del Paese, una virata separatista e a destra, l’esecutivo si è ritrovato in realtà dominato dal Partito socialista francofono, che da oltre 30 anni governa la Vallonia, accusato di assistenzialismo dai fiamminghi e al centro di diversi casi di corruzione. Ne fa parte Elio Di Rupo, l’attuale premier, che con una certa abilità riesce a gestire la situazione attuale. Spesso riconosce che è anche grazie alla sua “italianità”.
Di Rupo, 61 anni, figlio di emigranti abruzzesi, ha vissuto la sua infanzia in una baracca di minatori e perse il padre, finito sotto un camion, all’età di un anno. E’ uno che si è ricostruito con le sue forze, pure andando controcorrente (omosessuale dichiarato). Anche per questo ha il rispetto di tanti belgi.
Intanto l’economia va – L’aspetto incredibile della vicenda è che, durante il periodo post 2008, tremendo per tutta l’Europa, il Belgio è stato, dopo la Germania, uno dei Paesi a cavarsela meglio, grazie soprattutto al volano delle esportazioni, alimentato dalle piccole e medie imprese, particolarmente competitive nelle Fiandre. Il 2010, l’anno della crisi, si è chiuso con un balzo in avanti del 2% del Pil, il Prodotto interno lordo.
Ancora +2% l’anno seguente e un calo di appena lo 0,2% nel 2012. Alla fine di quest’anno l’economia belga dovrebbe ritornare, anche se di poco, a crescere (+0,2%), mentre la disoccupazione si attestava in dicembra a un invidiabile 7,4% della forza lavoro. Intanto, se negli anni Novanta il debito pubblico superava addirittura quello dell’Italia (il 137% nel 1993), oggi resta elevato (99,7% a fine 2012) ma sotto controllo, se si calcola che sempre alla fine dello scorso anno il deficit pubblico si è fermato al 2,9% del Pil.
La situazione politica, comunque, resta a rischio. Le prossime elezioni sono previste nel 2014. E il N-Va, che ha accresciuto ulteriormente i suo consensi alle comunali dello scorso autunno (il leader De Wever è diventato sindaco di Anversa), potrebbe divenire irrinunciabile per un governo nazionale. In questi anni De Wever si è fatto più saggio e tranquillo. Anche fisicamente, perdendo 60 chili, appare più rassicurante. E’ ormai chiaro che il suo è un partito conservatore, ma rispettoso delle regole democratiche. L’ostracismo da parte delle forze tradizionali funziona sempre meno.