L’idea, formulata da ultimo dal Movimento 5 Stelle, di un governo tecnico, potrebbe non essere male. Tutto sta a intendersi chi debbano essere i tecnici. In fondo anche Monti&C. pretendevano di esserlo, anche se, come sappiamo, erano solo i portavoce di banche, finanza e poteri egemoni europei.

Ci vogliono quindi due cose. La prima, che in fondo è la meno importante, è avere tecnici veri, indipendenti e innovativi. Alcuni nomi li ho formulati nel mio ultimo post, ma altri potrebbero essere fatti, se è vero che la società civile italiana pullula di risorse importanti, finora soffocate ed umiliate dai mediocri e spesso corrotti politicanti che ci hanno governato in nome dei poteri forti.

La direzione dell’economia costituisce in questa prospettiva lo snodo cruciale. Come sottolineato dalla stampa estera, alla radice dei risultati elettorali italiani con il boom di Grillo, il flop di Bersani e quello ancora più impressionante di Monti, c’è il fatto che gli italiani sono stanchi delle politiche recessive imposte dall’Europa a conduzione germanica. Stanchi di non arrivare a fine mese, di avere i figli disoccupati, di dover pagare sempre di più servizi pubblici sempre più scadenti. Tutti risultati delle dissennate politiche che ci ha imposto la signora Merkel.

E’ insomma importante avere una politica economica di rottura rispetto al passato. E figure che incarnino in modo adeguato tale rottura. Perché non pensare a uno dei premi Nobel statunitensi, come Krugman o Stiglitz, rappresentanti di punta del keynesismo troppo in fretta sotterrato dai seguaci del verbo neoliberista che sta devastando il pianeta? Se non potessero o volessero fare i ministri potrebbero quantomeno assumere ruoli di consulenza ad alto livello. E poi dite che sono antiamericano….

Abbinato al movimento di base contro la privatizzazione contro i beni pubblici e all’emergere di nuove forme di rappresentanza di cui il Movimento 5 Stelle è solo un aspetto, per quanto importante, affidare la direzione dell’economia italiana a persone di questo livello darebbe veramente un segno percepibile a livello mondiale della necessità di uscire dal medioevo del neoliberismo per imboccare finalmente strade di progresso e di crescita economica qualificata in senso ambientale e sociale.

E qui veniamo al secondo punto, che è quello strategicamente determinante. Circolano in questo momento interessanti analisi, ricordo quella di Wu Ming, secondo le quali la vittoria del Movimento 5 Stelle assume per molti versi un ruolo di supplenza e sostituzione rispetto ai movimenti di massa che anche nel nostro Paese si stanno esprimendo contro le politiche dissennate di cui sopra.

 Questa lettura mi pare in parte condivisibile. Aggiungo però che tutto sommato non mi sembra un fatto negativo. A due condizioni:

1. primo che si rispetti e si rilanci l’autonomia di questi movimenti andando a strutturare, come da tempo vado scrivendo, la democrazia partecipativa di base di cui il nostro popolo ha bisogno, costituendo comitati di cittadini in ogni quartiere e in ogni posto di lavoro. Anche perché la democrazia rappresentativa è in crisi ovunque e da questa crisi si esce solo con  un salto di qualità verso nuove forme di democrazia. Altrimenti ci sono forti pericoli di autoritarismo se non di nuovo fascismo.

2. si aprano alla partecipazione e al controllo popolare tutti i luoghi di decisione politica, ivi compreso il Movimento 5 Stelle, superando determinati aspetti poco convincenti del suo funzionamento e ridimensionando la figura di Beppe Grillo che pure resta importante. Ci sono poi varie contraddizioni, in parte sottolineate nell’intervista a Wu Ming che ho citato, che prima o poi emergeranno e che ci auguriamo i 5 Stelle sappiamo sciogliere nel migliore dei modi, dando cioè spazio alla trasformazione sociale e mettendo al primo posto le esigenze indefettibili di equità e trasparenza che pure figurano nel loro programma.

In ultima analisi sussiste un preciso legame fra le politiche che si vogliono attuare e le persone cui affidarne l’attuazione. In questo senso alle formazioni politiche tutte è richiesto un passo indietro. Passo indietro che ovviamente incombe soprattutto su chi finora ha maloperato.

Sia però ben chiara una cosa. Se i 5 sosteranno una qualche riedizione del governo Monti saranno destinati inevitabilmente a dissipare in poco tempo il capitale di consenso che hanno accumulato presso il popolo italiano.

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