Gentile Roberto Maroni,
credo che la sua elezione a Governatore della regione più ricca d’Italia desti almeno un problema sostanziale, dal momento che ha impostato la sua campagna elettorale anche sul tema della legalità e della lotta alla mafia lombarda (e non poteva non farlo, poiché il motivo per cui si è andati al voto è stato proprio lo scioglimento della giunta per presunte infiltrazioni della ‘ndrangheta).
Il problema, per dirlo semplicemente, è quello della fiducia. Fiducia che tutti i cittadini hanno il diritto di nutrire per un neo eletto. Di cui anzi, direi, hanno il diritto di nutrirsi.
E a proposito di fiducia, proprio nel giorno della sua elezione sono arrivate le condanne per parte del potente clan dei Flachi, che chi abita nella periferia milanese conosce bene per la sua violenza. Una coincidenza, questa, per lo meno benaugurante. (E questa volta non potrà dire che è merito suo, dovrà ammettere che capita che la polizia giudiziaria lavori in autonomia.)
Ma ciò che viene spontaneo chiederle è se lei si ponga o meno il problema della sua credibilità, sulla questione della lotta alla ‘ndrangheta lombarda.
Se non se lo ponesse sarebbe gravissimo. Se al contrario se lo pone, sarebbe forse auspicabile un suo chiarimento pubblico su questo.
Proprio per la questione della fiducia, cibo insostituibile.
Perché mi pare che ci siano alcuni precedenti preoccupanti. Provo a elencarle solo i più importanti.
Primo. Dal 13 luglio del 2010, giorno degli arresti per la maxioperazione Crimine-Infinito (che smascherava la massiccia esistenza della ‘ndrangheta da almeno sessant’anni in Lombardia) il suo partito ha reagito mostrando manifestini in cui fin dagli anni novanta ne denunciava la presenza, pensando così di fare bene e invece dimostrando che – manifesti a parte – pur essendo stata al governo in Lombardia per gli ultimi 20 anni, la Lega non aveva fatto niente. Al contrario, la ‘ndrangheta ha preso sempre più potere.
Secondo. Come crede di recuperare credibilità dopo uno dei più grandi scandali che hanno travolto il suo partito, i presunti rapporti dell’ex segretario amministrativo del suo partito con uno dei clan più potente della ‘ndrangheta di tutti i tempi, i De Stefano?
Terzo. Un altro caso eclatante è stato quello di Angelo Ciocca, consigliere regionale leghista eletto a Pavia, ritratto in varie fotografie in compagnia di uno degli uomini più potenti delle cosche, Pino Neri, e di nuovo adesso rieletto con moltissimi voti.
Quarto. E più grave di tutti, per lo meno per gli esiti che ebbe: la questione del voto di scambio con la ‘ndrangheta dell’assessore regionale Zambetti che anche il suo partito appoggiava.
Per noi cittadini lombardi, può immaginare, avere fiducia nel fatto che il nostro governatore farà di tutto perché la ‘ndrangheta non continui indisturbata e in buona compagnia a mangiare terreni, bar, ristoranti, negozi e imprese, o non continui a incendiare patrimonio pubblico, è diventata una questione, come dire, fondamentale.