Il presidente non riesce a vincere la malattia. Il vice Maduro: "C'è un piano per destabilizzare lo Stato" e accusa "attaccato come Arafat". In giornata erano stati espulsi due addetti militari dell'ambasciata Usa. Washington: "Accuse assurde"
Il presidente del Venezuela, Hugo Chavez, è morto. Il 58enne leader “bolivariano”, che a dicembre era stato nuovamente operato a Cuba, si è spento a Caracas alle 16,25 ora locale. Ad annunciarlo in tv il vice presidente e delfino designato, Nicolas Maduro: “Se succedesse qualcosa, lui concluderà il mio mandato” aveva detto Chavez.
La notizia è arrivata dopo una giornata molto convulsa, con gli alti vertici politico-militari venezuelani che si erano riuniti dopo l’aggravarsi delle condizioni di salute del presidente. Proprio Maduro aveva convocato il consiglio dei ministri, i 20 governatori socialisti delle regioni del paese e l’alto comando delle Forze Armate. Ufficialmente il motivo della riunione era una “valutazione del progresso del progetto nazionale per lo sviluppo del paese”. In serata la notizia della morte. “E’ un momento di profondo dolore”, ha detto Maduro, interrompendosi fra i singhiozzi, in un discorso televisivo alla nazione.
Lo stesso Maduro aveva denunciato anche l’esistenza di un “piano per destabilizzare” il Venezuela. Dietro la malattia e la morte di Chavez ci sarebbe un complotto. Il presidente si sarebbe ammalato perché “è stato attaccato”, come è successo con il leader palestinese Yasser Arafat. Una convinzione così profonda che sarebbe già pronta “una commissione speciale di scienziati” che potrà confermare questa tesi.
“Non abbiamo dubbi sul fatto che il comandante sia stato attaccato con questa malattia”, ha aggiunto Maduro. “Si tratta di un tema molto serio”, ha proseguito il vicepresidente, aggiungendo che “gli storici nemici della nostra patria hanno cercato il modo per danneggiare Chavez”. “La destra corrotta” del Venezuela – ha proseguito Maduro riferendosi all’opposizione – vuole “distruggere il comandante e il suo lavoro” ed “ha sempre odiato il presidente: non c’è in loro nemmeno un minimo di compassione umana. Vogliono inoculare odio affinché la rabbia del nostro popolo si trasformi in violenza”. Ciò dovrebbe a sua volta “portare ad un intervento estero”.
Il Venezuela ha espulso due addetti militari dell’ambasciata Usa per aver agito a favore della destabilizzazione del Paese. Il primo è David Del Monaco accusato da Maduro di essere tra i “nemici della patria” che hanno “provocato alterazioni”, e cioè sabotato, “il sistema elettrico del paese, generando il caos”. Il secondo è David Kostal, anch’egli facente parte della rappresentanza dell’Aviazione Usa presso la sede diplomatica. Kostal è stato “dichiarato persona non grata”. Entrambi sono accusati di aver “proposto piani cospiratori” a ufficiali venezuelani in servizio attivo per indurli a organizzare un golpe contro Chavez.
Rivolgendosi alla Nazione in diretta televisiva Maduro aveva sottolineato come Chavez stesse “attraversando le ore più difficili” e “le circostanze peggiori che gli è toccato vivere dall’istante stesso della sua ultima operazione chirurgica” per l’asportazione di un tumore, l’11 dicembre scorso all’Avana, quarto intervento del genere in meno di un anno e mezzo. Anche il Paese, ha incalzato Maduro, deve fare i conti con il “momento più delicato” della sua storia recente: “Pace e vittoria per questa nostra patria che sta al fianco del nostro Comandante”, ha aggiunto il numero due del regime, delfino e sostituto di fatto di Chavez. Questi, aveva confermato, soffre di una “infezione molto grave”, e di “complicazioni nella situazione respiratoria”. I medici sono costantemente al capezzale del 58enne paziente per curarlo, aveva concluso Maduro, il quale ha infine invitato il popolo venezuelano a “pregare” per il proprio leader.
Nonostante ciò, il comandante presidente continua ad essere “aggrappato a Cristo e alla vita”, aveva aggiunto il ministro per la comunicazione Ernesto Villegas, ricordando che Chavez stava seguendo le indicazioni ordinate dall’equipe medica dell’Hospital Militar di Caracas dove si trovava da un paio di settimane, dopo le cure ricevute in una clinica all’Avana. Il governo è accanto ai familiari del presidente “in questa battaglia piena d’amore e spiritualità”, aveva aggiunto Villegas, il quale ha lanciato un appello al popolo venezuelano “per rimanere in lotta, incolume davanti alla guerra psicologica dispiegata dai laboratori stranieri ed amplificati dalla destra corrotta venezuelana”. Tali ambienti puntano a “favorire scenari di violenza quale pretesto per un intervento straniero nel paese”, aveva aggiunto il portavoce, denunciando “i nemici storici di Hugo Chavez. L’unità e la disciplina sono ora le basi per garantire la stabilità politica della patria”.
Chavez era rientrato una quindicina di giorni fa a Caracas da Cuba, dove lo scorso 11 dicembre era stato sottoposto alla sua quarta operazione contro il cancro. Proprio per ragioni di salute, il capo dello Stato non si era ancora insediato per un altro mandato, a seguito della sua netta vittoria alle presidenziali dello scorso 7 ottobre. La Corte suprema, a gennaio, aveva congelato la cerimonia di giuramento e concesso al presidente tutto il tempo possibile.
Durante il fine settimana, il vicepresidente Nicolas Maduro aveva reso noto che Chavez stava affrontando un nuovo e duro ciclo di chemioterapia, che non gli impediva – era stato precisato – di governare il paese dal suo letto di ospedale. Tali considerazioni erano state subito messe in discussione dall’opposizione ‘antichavista‘, secondo la quale il presidente era ormai in fase terminale, non più in grado di svolgere le sue funzioni.
Proprio per queste ragioni, l’opposizione aveva invitato il governo a fornire informazioni più complete sullo stato di salute di Chavez. La richiesta era stata fatta propria tra l’altro anche da un gruppo di studenti che da giorni ormai si erano incatenati in una strada vicino all’ospedale militare di Caracas, dove era ricoverato dal 18 febbraio Chavez, per chiedere al governo di dire la verità. In questi tre mesi di assenza dalla scena politica, il governo di Caracas aveva pubblicato solo quattro foto che mostrano Chavez provato ma sorridente, tra le figlie, nel letto dell’ospedale all’Avana. Il presidente ha trascorso 70 giorni all’Avana, e, dopo un intervento chirurgico “alla zona pelvica”, aveva subito una tracheotomia per aiutare la respirazione dopo un’infezione ai polmoni.