Favorito per la successione è il vicepresidente Maduro: toni morbidi ma fermi, è già stato ministro degli Esteri. Chavista della prima ora e appassionato Castrista, dovrà vedersela con un altro nome forte del partito socialista: il presidente del Parlamento, il militare Diosdado Cabello, il cui potere è enormemente cresciuto negli ultimi anni
Elezioni entro trenta giorni. Questo prevede la Costituzione del Venezuela, articolo 233. Anche se non è detto che la data del voto non sia fatta scivolare dal governo più avanti. La stessa Carta prevede che fino alla convocazione alle urne il potere sia esercitato dal presidente del parlamento, Diosdado Cabello. Militare, a fianco di Chavez dalla prima ora, Cabello è tra gli uomini più influenti del Venezuela. Il suo potere personale, enormemente cresciuto insieme al suo patrimonio grazie ai vincoli stretti con i nuovi ricchi allevati all’ombra del chavismo, ne fa il principale rivale di Nicolas Maduro, vicepresidente esecutivo, indicato questa notte come reggente dal ministro degli Esteri Jaua, nonostante la Costituzione, ed erede designato da Hugo Chavez come successore nel suo ultimo discorso pubblico.
Entrambi possono proporsi al governo del Paese. La prima battaglia tra i due sarà per ottenere la candidatura come candidato governativo del partido socialista unido del Venezuela, psuv, ossia la leadership del partito che ha in mano la macchina del governo. Salvo colpi di mano dell’ultimo momento, il favorito tra i due è Maduro. Cinquant’anni, due metri, cento chili, Nicolás Maduro – ex batterista del gruppo rock Enigma – ha fama di moderato per la sua cordialità caribeña e i toni morbidi mantenuti come ministro degli Esteri, ma è sempre stato il rottweiler di Hugo Chávez nella lotta politica interna.
Dopo avergli fatto fare una fulminea carriera a grandi balzi tra ruoli parlamentari e incarichi di fiducia, Chavez prima di partire a dicembre per l’Avana per la sua quarta operazione chirurgica aveva detto: “Se succedesse qualcosa Nicolás concluderà il mio mandato”. “Para donde va, el autobusero Nicolás!” è stata la frase di designazione, un’investitura polticamente rilevantissima. A Chávez è sempre piaciuto molto ricordare che il suo fedelissimo era l’autista degli autobus che integrano il servizio di metropolitana di Caracas. Lì ha fatto la gavetta Maduro. E’ stato il capo agguerrito del sindacato della metro. Ha partecipato, da chavista, all’Assemblea costituente. Eletto in parlamento nel 2000, sei anni dopo è arrivato il grande salto: ministro degli Esteri. La Casa amarilla – la Farnesina venezuelana – è sempre stato un luogo infido per Hugo Chávez: nelle sue pieghe sono rimasti infilati, dopo quattordici anni di governo, silenziosi oppositori. Nonostante gli innumerevoli repulisti, sono ancora molti i superstiti di Acción democratica e Copei, i due grandi partiti alternatisi per decenni al potere prima dell’avvento dell’era chavista, ad aggirarsi per i suoi corridoi. “Ci mettiamo Nicolás tra i vampiri” disse Chávez la sera prima del rimpasto di governo del 2006.
La diplomazia vera, quella del petrolio, invece l’ha sempre gestita personalmente il presidente, aprendo e chiudendo il rubinetto delle forniture agli alleati fuori e dentro l’America latina. L’altra, quella che cuce e scuce le relazioni sul fondale del business dell’energia, l’ha affidata per sei anni al fedele Nicolás. Dicono di lui che quando si presenta alle riunioni con le mani in tasca e il vocione da stadio è inutile andargli sotto di fioretto. Ma non è uno di quelli che risolvono la discussione a pugni sul tavolo. Basta non toccargli Fidel Castro. Su quello non transige. Cita a memoria il grande vecchio della rivoluzione cubana come neanche Hugo Chávez la prima volta che tornò dall’Avana da presidente eletto. “Quello che ha fatto Fidel nei confronti del Venezuela non lo ha fatto nessuno nel mondo – ripete spesso con aria adorante – lo rispettiamo e abbiamo chiara coscienza del ruolo che ci indica per i prossimi anni”.
Con l’immancabile ritratto di Simòn Bolìvar “el libertador” dietro alla scrivania e le citazioni di Fidel Castro e Hugo Chávez a portata di mano, Nicolás Maduro si appresta ora a fare la difficile parte dell’erede designato. Sua moglie, Cilia Flores, avvocato, anche lei chavista della prima ora, ha ottime relazioni, una lunga esperienza e molto potere. E’ stata presidente del Parlamento dal 2006 al 20011 e vicepresidente del partito socialista unito del Venezuela, il partito di governo. Un anno fa Chávez l’ha nominata procuratore generale della Repubblica. Sono loro due la coppia politica del momento in Venezuela. Diosdado Cabello promette battaglia ad entrambi. Sarà una lotta senza esclusione di colpi. Il potere da ereditare è immenso.