Manca il respiro. Ogni giorno, riguardo alla fotografia e alle sue tendenze, ci sono notizie eclatanti.
Il grande dibattito sulla foto dell’anno al World Press Photo è ancora in corso mentre un altro caso controverso si pone all’attenzione di chi segue il “divenire fotografico”, quello della foto di Paolo Pellegrin premiata al WPP e al Pictures of the Year.
E’ di questi giorni il dato che il 72% dei possessori di uno smartphone lo considera essere la propria macchina fotografica. Contemporaneamente, sul mercato compaiono fotocamere che utilizzano Android, integrando le funzioni di uno smartphone quanto a condivisione immediata delle foto fatte. E chi più ne ha più ne metta, in un continuum di dati e novità “attorno” alla fotografia.
Ma più si sta attorno alla fotografia, meno ci si sta dentro.
Beninteso, io sono molto attento a tutto ciò, lo accolgo con fanciullesca curiosità e con professionale serietà. Il problema è che la grande quantità di tempo e di energie richiesta dall’aggiornamento continuo, restando 24 le ore quotidiane, toglie spazio all’esercizio – altrettanto necessario – di riconsiderare via via, attraverso le tappe della nostra vita, l’eredità dei grandi fotografi di ieri.
Non parlo dei “soliti noti”, riproposti comunque – e meno male! – con mostre e pubblicazioni che ne perpetuano l’opera e l’insegnamento, ma di splendidi autori ingiustamente dimenticati.
Se la stretta attualità domattina sarà già vecchia, talvolta dobbiamo ricordarci di guardare altrove per cercare tracce di quella che Pierpaolo Pasolini definiva “la scandalosa forza rivoluzionaria del passato”.
Tutta questa premessa per introdurre un fotografo italiano che – credo – non sia stato finora valorizzato quanto merita.
Io stesso, quando ne incrociai l’opera parecchi anni fa, non ero ancora in grado di coglierne la grandezza e soprattutto la cifra di anticipatore. Mea culpa.
Sto parlando di Alfa Castaldi, a cui opportunamente la galleria Sozzani dedica una mostra retrospettiva, visibile fino al 30 marzo.
Alfa Castaldi, scomparso nel 1995, proveniva da studi e percorsi legati alla storia dell’arte: tanto per dire, era allievo di Roberto Longhi.
Frequentava assiduamente quel covo di talenti che a Milano era il Bar Jamaica, compagno di visioni e minestroni bollenti di Ugo Mulas, Mario Dondero, Carlo Bavagnoli e di molti altri artisti; proprio ai tempi del fumoso Jamaica nasce la sua passione verso la fotografia, e per tutti gli anni ’50 farà reportage: Italia del Sud, Inghilterra, Francia, Algeria, al servizio di testate importanti tra cui l’Illustrazione Italiana.
In seguito, il suo percorso fotografico conosce variazioni e declinazioni altre.
Inizia un fecondo sodalizio con Anna Piaggi, attiva nel campo della moda, e così comincia a fotografare anche in questo settore.
Ma lo fa a modo suo: basti dire che per anni non ha uno studio fotografico. Sperimenta, inventa shooting di moda in esterno che profumano di reportage, e arriva perfino ad ambientare un servizio a Praga nel ’68 (per il settimanale Arianna). Nessun’altro lo aveva fatto, in quel coagulo di guerra fredda e di primavera “calda”.
Collabora assiduamente con Vogue rimanendo sempre un versatile curioso, che riversa nelle sue immagini la propria eleganza naturale, la sua visionarietà, la sua ironia, nonché la formazione classica di studioso d’arte, spaziando anche tra ritratti e still life.
Pochi possono permettersi, senza mai scivolare, tale trasversalità, che per gli altri sarebbe solo velleitaria. Alfa Castaldi è tra quei pochi, e per di più tra i primi.
Viene in mente, pensando ad un simile approccio, quel grande padre di ogni fotografo che risponde al nome di Irving Penn, apripista di tutto e di tutti, il quale tra uno shooting e l’altro per Vogue con le più inarrivabili modelle del tempo, usciva in strada a raccattare cicche sporche da fotografare nel tempo libero.
Passione onnivora contro specializzazione e paraocchi.
Eccola qui, la forza rivoluzionaria del passato: la capacità di ricordarci che non inventiamo tutto daccapo ogni giorno, ma veniamo da qualcosa e da qualcuno che ha tracciato anche la nostra strada creativa. E la lezione di chi ha fatto meglio e prima perché ha saputo concimare il talento – che è un regalo dato – con la curiosità e la cultura.
Letta così, la poliedrica e innovativa opera fotografica di Alfa Castadi è doppiamente importante.