Il tema delle prossime settimane è il governo. Se ne discute e se ne discuterà dappertutto. Sullo sfondo le discussioni sulla domanda di cambiamento, i limiti delle campagne elettorali di chi non ha vinto o di chi ha perso, gli effetti del sistema elettorale vigente.

Eppure la novità, peraltro in fieri, del movimento M5S è tale da meritare – al di là delle proprie preferenze politiche – analisi meno affrettate su ciò che accade, non solo in Italia.

Il punto distintivo riguarda da un lato il rapporto tra Internet e i movimenti politici e dall’altro il superamento della vecchia distinzione tra protesta e proposta politica, per come l’abbiamo conosciuta in passato.

La tradizionale azione di un movimento di protesta è tendenzialmente specifica su taluni temi e aggrega coloro che dalla mancata rimozione di quei temi ritengono di subire, a vario titolo, un danno. Banalizzando, essa può identificarsi come istanza di una libertà negativa (ad esempio “libertà da” una coercizione ritenuta ingiusta). I movimenti politici di proposta, invece, non puntano necessariamente, o soltanto, a rimuovere vincoli ingiusti ma mirano, soprattutto, ad affermare una libertà positiva (“libertà di”).

L’avvento della società ICT ha modificato questa tradizionale distinzione. La creazione di piattaforme ‘aperte’ e partecipate permette, infatti, di arricchire i temi, aggregare nuovi partecipanti, adattarsi a scenari mutati, estendere la localizzazione geografica. Lo studiano da qualche tempo i politologi: l’impatto della rete sulla struttura dei movimenti politici. Non si tratta solo della banale constatazione che la rete trasforma i contenuti dei movimenti politici, rendendo del tutto nuova, e superata, la distinzione tra protesta e proposta. Significa che i movimenti politici al tempo delle società ITC sono intrinsecamente diversi e che la loro sfida ai partiti tradizionali sia fenomenale.

Per capire un pezzo del M5S bisogna allora guardare anche a questa dinamica che va al di là del peso elettorale ed investe un fenomeno sociologico e politologico più complesso. Liquido, se si vuole usare il consumato epiteto di Bauman. La sfida più interessante è quella istituzionale di questi movimenti, ovvero la loro partecipazione attiva a una competizione elettorale e, dunque, la canalizzazione istituzionale della voice (di protesta e di proposta) nelle tradizionalissime regole parlamentari. Nel caso M5S, è ovvio che, non solo per la sua infanzia parlamentare, un movimento del genere non abbia come sbocco né la costituzione di un partito classico, con gerarchie rappresentative e forti deleghe, né tantomeno la creazione di alleanze tra ‘pari’, in quanto entrambe le cose ne snaturerebbero la caratteristica distintiva della ‘liquidità’ e il suo permanente essere ‘in fieri’.

Il nostro Parlamento, e la nostra Costituzione, sono fondati sui partiti, cioè proprio su quei meccanismi di delega e di alleanza che, per quanto malleabili, si basano su presupposti difficilmente conciliabili con la natura intrinseca di un movimento politico che sperimenti la fusione di protesta e proposta, come è il M5S. La scelta è quindi semplice: o il movimento ‘sfrutta’ con disincanto quelle regole per soddisfare le proprie istanze di proposta, accettando i principi della delega e delle alleanze, oppure, attribuendo sostanza al formalismo, resta ciò che è, una cosa nuova e distinta e dunque estranea, di fatto, alla logica di governo (di alleanza) e della proposta politica ampia (che va oltre la ‘lista della spesa’, per intenderci).

E’ una scelta fondante per il movimento, al di là dei nomi, dei meccanismi parlamentari, delle formule. Ma quale che sia la scelta, essa ne cambierà il profilo. Se i movimenti si incanalano nelle istituzioni è un fatto straordinariamente positivo, proprio perché la protesta si trasforma non solo in domanda ma anche in offerta politica. Una volta però nelle istituzioni, vi sono due strade: attività parlamentare ma antagonista e autoreferenziale o sfida politica di governo, incluse le alleanze. Entrambe sono pienamente legittime, ma segnano un solco. Un conto è tenere insieme protesta e proposta, altro è lotta e governo.

Se M5S sceglie, legittimamente, l’autoreferenzialità parlamentare compie una scelta politica chiara che probabilmente indebolirà la sua capacità di proposta, non solo oggi, ma anche per il prossimo futuro. Per decenni abbiamo avuto partiti antagonisti che mai hanno pensato al governo, né hanno presentato programmi in tal senso. Se anche M5S si muoverà su questa strada perderà la parte più nuova del movimentismo nell’era ICT. Quella della proposta partecipata. Così che i vecchi partiti, alla fine, ringrazieranno.

 

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