E’ una fine triste e ferocemente satirica quella che Hugo Chavez – al potere in Venezuela dal 1999 – ha affrontato dal letto di ospedale nel quale sarebbe stato ricoverato dopo il suo ennesimo viaggio miracolistico a Cuba per la cura del cancro ai polmoni. Si racconta che anche la santeria, i riti del vudù caraibico, siano stati tentati per guarire il leader della rivoluzione bolivariana che con il -suo stile dittatorial-caritatevole ha tenuto il paese – uno dei maggiori produttori mondiali di petrolio – con il pugno di ferro e ha litigato di volta in volta con praticamente tutti i capi di Stato e di governo latino-americani e con gli yanqui, gli imperialisti nordamericani, divenendo protagonista di un portentoso portfolio di immagini con i peggiori leader della terra, da Gheddafi a Ahmadinejad.
Negli ultimi giorni solo la cortina fumogena del regime lo dava ancora vivo e vegeto, capace di guidare il paese dal letto di ospedale. E ora appare evidente che l’immagine dell’infaticabile oratore (secondo solo all’amico Fìdel Castro) è svanita ancor prima del suo corpo mortale. Chi di comunicazione ha ferito di comunicazione è perito, con la moltiplicazione esponenziale delle parodie sulla Rete, quella stessa Rete che Chavez – e il suo entourage, Maduro, il vice, e l’altro fedelissimo Cabello – hanno usato per creare e conservare il mito dello stakanovista della malattia che solo 3 giorni fa veniva annunciato aver iniziato un nuovo ciclo di chemioterapia, eppur capace
di esser sempre vigile, mentre nelle piazze della cattolica Venezuela le masse si riunivano in preghiera, non è ben chiaro per esaudire quale desiderio.
Adesso nelle strade è sceso anche l’esercito. Chissà cosa accadrà dopo le lacrime.