Le attestazioni di stima, cordoglio e affetto dei leghisti di casa nostra, da Borghezio a Maroni, stridono non poco con l’azione condotta in vita dal defunto leader della Lega dei Ticinesi. Con la sua scomparsa scomparirà il movimento xenofobo del Canton Ticino? Il direttore del Corriere del Ticino Giancarlo Dillena è convinto di no
LUGANO – Alla notizia della morte del controverso e carismatico leader della Lega dei Ticinesi, Giuliano Bignasca, passato agli onori delle cronache per i suoi attacchi xenofobi ai lavoratori frontalieri italiani, le reazioni dei leghisti nostrani vanno tutte nella direzione del commosso ricordo e del riconoscimento di un valore che alla prova dei fatti resta tutto da dimostrare: “era un amico della Lega, un uomo ruvido ma geniale” ha detto Roberto Maroni ricordando il collega elvetico. Anche Mario Borghezio ha riservato parole di cordoglio per Bignasca: “Un leader riconosciuto ed autorevole della mouvance autonomista-indipendentista europea. Un vero combattente per la causa della libertà dei Ticinesi, del tutto impermeabile ai falsi miti del progressismo, dell’immigrazionismo e dell’eurofollia di Bruxelles”.
Non poteva mancare e non è mancato il commento dei giovani padani, arrivato per voce dei coordinatori Lucio Brignoli ed Eugenio Zoffili, che hanno espresso la vicinanza del movimento alla Lega dei Ticinesi: “La lotta indipendentista e autonomista perde un leader vero, genuino e determinato”. Dalla Lega Nord di Varese, da dove ogni mattina parte una parte considerevole di quei 55 mila lavoratori frontalieri contro cui spesso si scagliava Giuliano Bignasca, il segretario Matteo Bianchi ha espresso “sincera tristezza” per la scomparsa “di un amico della Lega che ha portato avanti battaglie e idee che ci hanno accomunato”.
Le attestazioni di stima, cordoglio e affetto dei leghisti di casa nostra stridono non poco con l’azione condotta in vita dal defunto leader della Lega dei Ticinesi che, soprattutto in anni recenti, ha condotto una strenua battaglia contro i lavoratori frontalieri (soprattutto lombardi, provenienti dalle province di Varese e Como), una battaglia fatta di comunicazione cattiva e populista, che è spesso sfociata nell’insulto. Insulti razzisti verso quei lavoratori a cui i leghisti di casa nostra non si sono fatti scrupolo di chiedere il voto, facendosi paladini dei loro diritti e dei loro problemi, anche in occasione delle ultime elezioni regionali.
Una lettura più lucida di quello che è stato Bignasca e di quello che sarà la Lega dei Ticinesi senza Bignasca arriva da Giancarlo Dillena, direttore del Corriere del Ticino, il principale quotidiano del cantone che ammonisce: “Chi pensa che con la morte di Bignasca morirà anche la Lega dei Ticinesi fa un torto alla realtà”. Inevitabilmente la morte di Bignasca apre nuove prospettive nello scenario politico del cantone di lingua italiana, imponendo una riflessione sul futuro del partito che negli ultimi anni, sotto la spinta delle sparate del suo leader, in una certa misura ha segnato i rapporti tra la Svizzera e il nostro Paese, tanto in campo fiscale quanto nelle politiche del lavoro.
“Per il movimento la morte di Bignasca ė una botta – spiega Dillena – era un leader carismatico, che guidava la parte più movimentista del partito”, quello che riusciva a creare consenso, utilizzando in maniera disinvolta lo strumento della comunicazione populista: “dopo i successi elettorali ė venuta fuori l’altra Lega, quella delle stanze dei bottoni, dove anche i leghisti hanno dovuto adattarsi alle regole delle istituzioni, imparando a confrontarsi con gli altri partiti, a cercare compromessi per portare a casa qualche risultato”. Insomma, con i successi elettorali nella Lega dei ticinesi si sono divisi i ruoli, da una parte il leader carismatico, dall’altra la parte istituzionale. Si può dire in un certo verso che con la morte di Giuliano Bignasca sia scomparsa la pancia della Lega dei Ticinesi: “La domanda – spiega il direttore del Corriere del Ticino – a questo punto ė: si può vivere solo con la testa? Razionalmente mi viene da dire che probabilmente si va verso un ridimensionamento della Lega, che il partito virerà verso un elettorato borghese, ma di razionale nella Lega c’ė ben poco e ci vorrebbe la sfera di cristallo per rispondere a questa domanda”.
Giuliano Bignasca sapeva senz’altro intercettare un certo malcontento, gli umori della gente, quell’insoddisfazione che serpeggia in tutte le società anche in quelle apparentemente più evolute. Difficile dunque capire se con il venir meno di una voce così carismatica una parte dell’elettorato leghista si sfilerà.
“Un po’ del retaggio populista della Lega ė stato assorbito anche dagli altri partiti che hanno imparato a parlare anche alle emozioni, quindi ė possibile che una parte dell’elettorato inizia o torni a guardare altrove. Certo, Bignasca Era una figura talmente netta e riconoscibile che lascia un grosso vuoto e credo che probabilmente ci sarà una dinamica di assestamento al ribasso, ma la Lega non scomparirà”.