A 520 anni di distanza, è difficile che l’auspicato ritorno possa avere effetti altrettanto miracolosi. Con l’annuncio, 3 mesi fa, della riforma legislativa (non ancora entrata in vigore) che prevede la concessione del passaporto spagnolo a chiunque “dimostri la propria condizione di sefardita con un certificato della Federazione delle comunità ebraiche”, il ministro della Giustizia Alberto Rúiz Gallardón disse che la misura poteva presumibilmente interessare a circa 250mila persone, attualmente residenti tra Israele, Usa, Venezuela, Messico, Canada, Turchia, Argentina, Uruguay e Colombia. Ma, sinora, sono appena 6mila le richiesta presentate alle autorità spagnole. Forse perché non è ancor chiaro se, nella stesura definitiva della legge, sarà prevista come annunciato la possibilità di mantenere la doppia nazionalità. In caso contrario, sarebbero in parecchi a rinunciare in partenza.
E poi, tramontato ormai il tempo in cui la Spagna era considerata un’ambita meta di immigrazione, non sembra più che un legame sentimentale, culturale e linguistico possa funzionare da richiamo per chi è al corrente delle enormi difficoltà economiche della Spagna. Restano, comunque, almeno due possibili eccezioni. Una è la Turchia. Dal momento dell’ascesa al potere degli islamici moderati di Erdogan, sono parecchi i sefarditi che hanno lasciato il paese per il timore dell’antisemitismo. L’altra è rappresentata dal Venezuela, dove negli ultimi anni si sono moltiplicate le azioni contro gli ebrei. Resta da vedere se, scomparso Chávez, cambierà qualcosa.
Il Fatto Quotidiano, 7 Marzo 2013