Il segreto di Pulcinella girava già da mesi e l’operazione ormai è pronta. Fatto sta che a poche settimane dallo scandalo che ha travolto il Monte dei Paschi di Siena, in Sardegna la base del Pd tenta di ribellarsi alle nomine dei politici di lungo corso nei soliti posti chiave. Per esempio alla presidenza della Fondazione del Banco di Sardegna a cui andrà il senatore uscente del Pd, Antonello Cabras. Ingegnere, una vita da parlamentare, già presidente della Regione, nato socialista, passato ai Ds e quindi al Pd, di cui è stato anche segretario sardo. Nessuna nuova candidatura per lui, ma il trasferimento da Roma, una sorta di buen retiro. Mentre l’attuale presidente Antonello Arru passerebbe alla presidenza dell’azienda bancaria. La notizia è stata pubblicata prima sulla Nuova Sardegna, poi rilanciata tra polemiche sul giornale online Sardiniapost e sui social network. Ai simpatizzanti e attivisti del partito non va giù la commistione tra politica e banche, dopo il risultato elettorale che ha incoronato il Movimento 5 Stelle primo partito, a sorpresa e per pochi decimali, anche nell’Isola. E a nulla sembrano servire i moniti a livello nazionale, e alla vigilia della direzione regionale di sabato, i telefoni si scaldano. “Se si continua così si regalano i voti a Grillo. Ormai siamo al puro masochismo”, questa la posizione di scontro interno sostenuta dal deputato uscente del Pd, Guido Melis, dall’economista Francesco Pigliaru, ex assessore al Bilancio della giunta Soru e da Simone Campus, consigliere comunale di Sassari – che si è autosospeso. E poi tanta gente comune che si dice “stufa e disgustata”.
La rivolta 2.0. Su Facebook intanto è nato il gruppo “Fuori la politica dalle banche!”, per esprimere vicinanza ai tre che combattono dall’interno del partito e per dare un segno, anche solo con una mail alla segreteria. Il logo è chiaro: una banca con il simbolo del partito a cui si dice “No”. “Sono stanco di tapparmi il naso a ogni tornata elettorale e di ratificare nell’urna, per senso di responsabilità, scelte della dirigenza che non condivido – scrivono gli amministratori – Come elettore del Partito Democratico dichiaro fin d’ora la mia intenzione di cambiare orientamento di voto se la nomina del senatore Cabras dovesse essere confermata. Io non accetto più le scelte calate dall’alto!”. E la posizione del Pd? Silenzio, anche tra i neoeletti. E il segretario, e ora senatore, Silvio Lai ha espresso la linea semplice semplice: “Noi non c’entriamo nulla”. È infatti il comitato d’indirizzo che arriva a scegliere il nuovo presidente della Fondazione. Peccato che, ribatte con ilfattoquotidiano.it: “Tutti conoscono i meccanismi: almeno 9 membri del comitato d’indirizzo sono scelti dal Consiglio regionale (ed una quota per forza dal Pd), altri 4 nominati dalle province storiche di cui 3 sono amministrate dal centrosinistra a guida Pd (Cagliari, Sassari e Nuoro). E poi ci sono i professori universitari e le Camere di commercio, posizioni di riferimento agli stessi partiti”. Dice ancora: “È la tesi dei segreti, nessuno è pro o contro Cabras, che neppure conosco. Non si tratta di una questione personale, ma di democrazia interna al partito. Si è arrivati a questa fase senza nessuna discussione, con un nome certo pubblicato sulla stampa e sentito nei corridoi”. E poi c’è la paura di scontrarsi con i poteri forti: “Ricevo mail di solidarietà che mi spingono ad andare avanti, ma ci sono persone, tante, che hanno il mutuo con la banca o esponenti di associazioni culturali che ricevono contributi dalla stessa Fondazione”. La Fondazione infatti detiene il 49 per cento del Banco, è la cosiddetta “parte pubblica”, ogni anno acquisisce utili che distribuisce, secondo lo Statuto “per finalità sociali e culturali”. “Sono a volte milioni di euro l’anno, distribuiti a pioggia”- precisa Campus.
Il nuovo patto parasociale e le domande senza risposta. “Si va avanti imperterriti – ribatte Francesco Pigliaru, economista, professore all’Università di Cagliari – semplicemente a questo punto Cabras potrebbe fare un passo indietro”. Il ruolo del Banco di Sardegna e delle stessa Fondazione è stato al centro di vari editoriali su La Nuova Sardegna: uno, firmato da Arturo Parisi e Mario Segni ribadisce anche le similitudini e le differenze tra il caso senese e quello sardo. In realtà il Banco di isolano ha solo il nome, perché è stato acquisito dalla Banca popolare dell’Emilia-Romagna che ne detiene il 51 per cento. Il resto, quasi la metà, è della Fondazione (la parte pubblica della banca) con un’alta concentrazione: nessun controllo diretto, a differenza del Mps, ma partecipazione nel cda e designazione del presidente. Tra i due organismi a ottobre scorso è stato firmato un “Patto parasociale”: ed è questo uno degli snodi più importanti, secondo Pigliaru. “La Fondazione ha di fatto i movimenti limitati rispetto alla sua quota, e c’è un vantaggio per la Bper. La vendita di azioni, per esempio, può essere solo fino al 29%, con diritto di opzione e solo se l’acquirente è gradito alla stessa Bper”. Resta la domanda: cosa ci guadagna la Fondazione?