Le multinazionali Basell e Yara, che tennero accese le ciminiere provocando per anni emissioni non autorizzate e pericolose, ricorrono all'oblazione cavandosela con una sanzione da 40mila euro. Luigi Gasparini, il medico che segnalò il problema. “Vergognoso che il sistema italiano lo permetta per questi reati ambientali"
Per anni l’aria di Ferrara è stata riempita di emissioni non autorizzate e pericolose. Che provenivano dalle torce di due multinazionali del petrolchimico estense, Basell e Yara. Ora i responsabili degli stabilimenti, chiamati a risponderne in giudizio, se la caveranno semplicemente con una multa.
Si conclude così un processo passato quasi in sordina e che ha visto imputati sei manager che a vario titolo hanno operato nel polo chimico di Ferrara nord. Si tratta di Massimo Covezzi, presidente del cda di Basell Poliolefine Italia srl; Gianluca Gori, responsabile a Ferrara delle unità produttive della multinazionale americana; Edward Cavazuti, presidente venuto dagli Usa per dirigere il cda di Yara dall’agosto 2007 al 2008; Dionys Willems, belga che subentrò a Cavazuti dal 2009 ad oggi; Hans Goossens, legale rappresentante dello stabilimento ferrarese di Yara dal marzo 2007 al 10 ottobre 2010 e Franl De Vogelaere, che lo sostituì nelle sue funzioni all’interno del petrolchimico.
I primi due, vertici di Basell, sono accusati di aver effettuato emissioni non autorizzate in atmosfera dal 2007 fino al 15 ottobre 2010 e di aver utilizzato le torce in assenza di situazioni di emergenza dal 16 ottobre 2010 fino al 19 luglio 2011.
Covezzi e Gori sono inoltre imputati di aver provocato emissioni pericolose (“fumo nero diffuso, boati e forte luminosità notturna”), che causarono molestie agli abitanti della zona dal 2007 (anno in cui partirono in effetti le prime segnalazioni) al 19 luglio 2011. Di emissioni non autorizzate in atmosfera e di emissioni pericolose (dal 2007 fino al 12 maggio 2011) devono rispondere anche i quattro manager di Yara.
Tutto partì dalle segnalazioni di due cittadini, Edda Carafolli e Luigi Gasparini, che per anni hanno scritto preoccupati alle autorità competenti in materia di ambiente sentendosi rispondere che i controlli escludevano qualsiasi malfunzionamento o problema di altra natura. Più attiva fu invece la Procura, che iniziò ad acquisire materiale in merito agli impianti di combustione dei gas di Piazzale Donegani, che ospita alcuni dei nomi eccellenti della chimica mondiale.
Da quelle indagini si arrivò al sequestro di quattro torce (“restituite” a condizione di provvedere al miglioramento degli strumenti di controllo e al conseguimento delle autorizzazioni previste dall’Autorizzazione integrata ambientale del ministero entro il 30 settembre 2012) e quindi al decreto di citazione diretta a giudizio firmato dai sostituti procuratori Nicola Proto e Ombretta Volta che ha dato vita all’odierno processo.
Processo che, come detto, si chiuderà subito. Dopo le prime udienze filtro gli imputati hanno chiesto l’estinzione del reato tramite oblazione (prevista dalla normativa ambientale per reati la cui soglie di punibilità è inferiore ai quattro anni). Hanno già optato per questa scelta, pagando una somma attorno ai 40mila euro, Covezzi e Gori di Basell. Identico iter seguiranno gli altri quattro imputati di Yara. Per loro l’ammontare della sanzione verrà deciso dal giudice Luca Marini il 4 giugno.
Sperava in un esito diverso David Zanforlini, avvocato di Legambiente, intenzionato a costituirsi parte civile. “Questo episodio – riflette Zanforlini – rivela però un problema endemico del nostro sistema, con un disvalore sociale dei reati ambientali molto alto, in cui aziende che hanno grosse capacità finanziarie possono limitarsi a pagare una sanzione”. Dello stesso avviso Luigi Gasparini, il medico che segnalò il problema delle torce. “È vergognoso che il sistema giudiziario italiano permetta l’oblazione per questi reati ambientali – si inalbera -. La nota positiva è che il tribunale ha disposto un sistema di controllo sulle emissioni delle torce, cosa che Provincia e Arpa non avevano mai fatto, ma i dati delle rilevazioni andrebbero resi pubblici”.