Bacchettata ai pm? Questa lettura mi sembra davvero sorprendente. Si è voluto a tutti i costi trovare un contrasto che non esiste”. Ieri ha spedito sul banco degli imputati i protagonisti di una fetta di storia occulta di questo Paese (Totò Riina, Leoluca Bagarella, Antonino Cinà, Giovanni Brusca, Marcello Dell’Utri, Antonio Subranni, Mario Mori, Giuseppe De Donno), oggi Piergiorgio Morosini, il gup della trattativa, appare stupito dai titoli dei giornali che raccontano di una sua inesistente critica alla “genericità” delle accuse formulate dalla Procura di Palermo. “Era un’annotazione tecnica, non polemica – spiega il gup –; nessuno ha rilevato che, al contrario, è stata un’udienza preliminare condotta con serenità e senza mai alzare i toni”.
Qualcuno ha sostenuto che lei ha accusato la Procura di avere prodotto materiale non intellegibile…
Ho solo segnalato l’esigenza di indicare su ogni passaggio fattuale le fonti di prova perché dalla richiesta di rinvio a giudizio questo dato non emergeva. Sarebbe dovuto emergere semmai dalla memoria scritta, che però è stata fatta per dare il senso del processo, allora ho cercato di mettere in fila le cose. E in questo mi ha aiutato in tutta la discussione, a partire – e lo dico espressamente – dall’intervento della pubblica accusa. Perciò questo insistere sulla presunta polemica mi sorprende.
Una polemica strumentale?
Non mi intendo di comunicazione, ma leggendo il provvedimento mi sembra chiaro il contenuto, non ci voglio neanche tornare perché non è il caso e non è opportuno.
Per dedicarsi allo studio delle carte, lei a settembre si è dimesso dalla carica di segretario nazionale di Md. È stato un viaggio nella notte della Repubblica?
Mi sembra proprio la definizione giusta.
La sua lettura degli eventi del biennio ’92-94 fa un passo in avanti rispetto alla ricostruzione della procura, recuperando tutta l’inchiesta (archiviata) sui Sistemi criminali, e quindi massoneria deviata, P2, frange della destra eversiva, gruppi indipendentisti, mafia calabrese. Ha voluto allargare l’ottica dei pm verso una minaccia oggi ancora concreta?
Gli atti dell’inchiesta sui sistemi criminali erano nel mio fascicolo. Erano i faldoni dal numero 63 al numero 79. Da quel fascicolo ho voluto trarre elementi che aiutano a comprendere anche altri aspetti della vicenda che è stata più attenzionata dalla procura. Mi riferisco, per esempio, ai movimenti degli uomini-cerniera, come Vito Ciancimino, Paolo Bellini e Rosario Pio Cattafi, che hanno avuto rapporti con consorterie, sia mafiose che di altra natura, e che, guarda caso, sono quelli che ci parlano dei contatti tra esponenti di Cosa nostra e uomini delle istituzioni.
La procura fissa l’inizio della trattativa con l’omicidio Lima, nel marzo del ‘92. Ma la ricostruzione del piano criminale di quegli anni potrebbe partire dall’autunno del ’91, data della famosa riunione a Enna, nella quale si profila più chiaramente la connotazione “eversiva” dello stragismo. È anche quella da considerare una fase della trattativa?
Nella ricostruzione della procura sono indicati eventi che si verificano a partire dal ’92, ma che sembrerebbero ideati molto prima: in aula bisognerà capire ciò che accadde prima.
Pensa come Ingroia che questo Paese abbia bisogno di una Commissione parlamentare per affrontare la trattativa?
Ogni momento di riflessione è comunque un momento salutare per la democrazia. La Commissione stragi e la commissione Antimafia sono luoghi in cui incessantemente vanno cercate anche le verità storiche.
C’è stato? O c’è ancora? Lei pensa che oggi il Paese corra lo stesso pericolo di tentazioni eversive, per esempio attraverso pulsioni separatiste?
Oggi c’è una grande crisi istituzionale, una crisi di credibilità della classe dirigente, e c’è anche una profonda crisi economico-sociale. Le analogie sono molte, le istituzioni devono essere all’altezza del contesto.
C’è un dato che l’ha sorpresa più di altri?
Una cosa che mi ha colpito moltissimo è che c’è una strage annunciata che non si è riusciti a bloccare: via D’Amelio. Questo è un fatto di cui le carte che ho esaminato parlano molto.
Come valuta il negazionismo della classe politica?
Penso che su questo fenomeno di negazione collettiva pesi moltissimo la strage di via D’Amelio. Credo che la morte di Borsellino, ancora oggi, sia qualcosa di inconfessabile.
da Il Fatto Quotidiano del 9 marzo 2013