Nel mondo dei videogiochi ci è arrivata quasi per caso, dopo una laurea in interior design al Politecnico di Milano. Cinque anni dopo, quella stessa apparente casualità l’ha spinta a trasferirsi in Estonia, in una delle capitali europee più all’avanguardia nel settore del web e dell’innovazione. “Tallin è una città che puoi amare o odiare. Il costo della vita è più basso delle città italiane e le persone sono molto calorose. E poi il paese è molto avanti nelle nuove tecnologie. E’ lì che è nato Skype e oggi il wifi è diffuso ovunque, nelle strade, nei parchi, nei locali. Ci sono tanti ragazzi che creano startup e molti imprenditori disposti a investire nei giovani. Peccato che faccia così freddo”.

Clara Parona ha 33 anni e in Estonia ha trascorso solo tre mesi. Ci è arrivata insieme a sette ragazzi, italiani come lei e decisi a realizzare un progetto tutto loro. “Ho conosciuto quelli che sarebbero diventati i miei compagni d’avventura mentre lavoravo in Ubisoft, una delle più grandi softwarehouse al mondo. Ci sono rimasta cinque anni finchè nel 2011 ho deciso di lasciare quel posto per mettere in piedi una startup. Era la cosa giusta da fare se volevo crescere. Non è stata una decisione semplice, ma se tornassi indietro lo rifarei”. Anche gli altri ragazzi del team fanno lo stesso. Per quasi un anno lavorano a tempo pieno a Bad Seed, una startup che produce videogame per smartphone. “Nel gruppo ci sono programmatori, artisti, game designer e addetti alle pubbliche relazioni. Ognuno ha il proprio ruolo, ma nella fase di avvio siamo tutti coinvolti, otto teste sono meglio di una e ciascuno porta il suo punto di vista che arricchisce il progetto. Il momento più bello è quando si inizia, c’è questa fase di brain storming in cui siamo tutti coinvolti. Passiamo ore o giorni interi a parlare, tirar fuori idee, appiccicare post-it alle pareti. Tutto il team si sente partecipe e avverte come suo il progetto che andrà a costruire”.

Accanto alla soddisfazione di dare vita alla propria idea c’è anche la fatica e la sfida di imparare ogni giorno nuove competenze. “La grande differenza rispetto all’azienda dove lavoravo prima è che lì avevo il mio ruolo e facevo solo quello. Qui, oltre al mio lavoro, mi capita di fare cose che non ho mai fatto e che escono dalla mia specifica competenza. Preparare delle presentazioni, parlare, tenere delle interviste, tutte cose che ho dovuto imparare perché questa è la mia startup”. Il primo risultato di tanto impegno e tenacia è SheepUp, un videogioco che ottiene in un solo giorno 80mila download. Intuito il potenziale del prodotto Clara e i suoi amici iniziano a contattare incubatori internazionali.

“Abbiamo guardato subito fuori dall’Italia anche perché il settore videoludico italiano non è tra i più eccitanti. Quello estone è il primo acceleratore europeo focalizzato su startup che sviluppano giochi. Siamo stati selezionati fra centinaia di ragazzi di tutto il mondo insieme ad altri 5 team. Abbiamo spedito i nostri computer a Tallin e siamo partiti”. Il clima che trovano lì è stimolante. Un ufficio openspace superattrezzato, seminari tenuti da professionisti del settore e incontri con investitori stranieri. Tutti ingredienti che fanno crescere in fretta Bad Seed, con gli strumenti e i consigli giusti per affrontare il mercato. Terminata quell’esperienza Clara torna in Italia, con la certezza di non restarci a lungo. “Avremmo potuto rimanere in Estonia, ma siamo rientrati, per valutare al meglio cosa fare e dove andare. Ci piacerebbe trasferirci in Silicon Valley, vediamo. Per ora siamo in contatto con investitori americani e inglesi. Ci troviamo in una specie di limbo, abbiamo seminato tanto e ora stiamo iniziando a raccogliere i primi frutti”.

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