Il testo firmato oggi sarà un “impegno morale” per tutti gli Stati del Commonwealth. “Ci opponiamo in modo risoluto a tutte le forme di discriminazione, che siano esse di genere, di razza, di colore, di credo, di opinione politica o di altro tipo”. Le associazioni LGBT criticano: "Troppo generico"
“Poteva farlo prima” dicono ora le associazioni gay, “il suo è un supporto solo sulla carta”. Resta comunque l’attesa per questo pomeriggio, quando a Londra, a Marlborough House davanti a 54 capi di Stato del Commonwealth, la regina d’Inghilterra firmerà una dichiarazione per la difesa dei diritti di genere. A Buckingham Palace ne sono certi: “Questo è un momento storico”, dicono dalla segreteria della sovrana. Ma la firma non è stata presa con il massimo favore da tutte le realtà che ogni giorno lottano per la difesa dei diritti LGBT. Peter Tatchell, storico attivista e voce simbolo del mondo gay britannico, ora dice: “Non voglio affermare che la regina sia omofoba, ma di certo non si è mai dimostrata gay-friendly. Mai, nei suoi 61 anni di regno, ha solo pronunciato la parola ‘omosessualità’ e mai ha preso coscienza della nostra esistenza. Questa firma è sicuramente tardiva”.
La dichiarazione che sarà firmata oggi sarà un “impegno morale” per tutti gli Stati del Commonwealth, che riunisce le nazioni dell’ex impero britannico che ancora riconoscono l’autorità dei sovrani inglesi. Descritto come “la Magna Carta del ventunesimo secolo”, il documento recita: “Ci opponiamo in modo risoluto a tutte le forme di discriminazione, che siano esse di genere, di razza, di colore, di credo, di opinione politica o di altro tipo”. Neanche questa volta si parlerà in modo esplicito di omosessualità, ma è stato lo stesso Buckingham Palace a pubblicizzare l’evento come “un passo in avanti nel campo dei diritti degli omosessuali”. Diritti negati in molti Paesi del Commonwealth dove ancora essere gay è reato o sicuramente mal considerato. Ben Summerskill, capo di Stonewall, l’Arcigay britannica, ha comunque commentato: “Saremmo molto più contenti se la regina ne parlasse in modo esplicito. Tuttavia, ammettiamo che anche il parlarne in modo obliquo sia un grande passo avanti per questa monarchia”. E Tatchell ha aggiunto: “Per 61 anni ha ignorato gay e lesbiche britannici. Se allo stesso modo avesse ignorato africani o asiatici, sarebbe stata considerata razzista”.
Eppure la dichiarazione di oggi presenta anche un tornaconto per la casa reale. Il documento include la nuova legge che pone fine alla discriminazione contro le donne in linea di successione per il trono britannico. In pratica, il primo nato di Kate e William potrà salire direttamente al trono anche se sarà femmina, un cambiamento che molti hanno reputato come un “regalo” della regina al duca e alla duchessa di Cambridge e come una concessione ai tempi moderni da parte di Buckingham Palace. Il versante dei diritti di genere, tuttavia, è stato oggetto di lunga contrattazione con capi di Stato e di governo dei Paesi del Commonwealth. In Giamaica, a Singapore e in Malesia l’omosessualità è ancora reato, bisognerà vedere, quindi, come conciliare ora la nuova carta di intenti e le leggi locali. L’anno scorso il primo ministro David Cameron ha sospeso l’aiuto britannico al Malawi per le sue leggi anti-gay e ha minacciato di interrompere il legame anche con Ghana e Uganda, sempre per gli stessi motivi. “Quello che dice o fa la regina è completamente apolitico”, ricorda ora la casa reale. “Ma il suo essere a capo del Commonwealth le dà un grande potere di pressione”.