L’euro in crisi può avere ancora un potere di attrazione per Paesi giovani e in salute? Nel caso delle repubbliche baltiche, la risposta sembra essere sì. Mentre nelle stanche nazioni della “vecchia Europa” la moneta unica viene sempre più messa in discussione, lo scorso 31 gennaio il Parlamento della Lettonia ha approvato l’adozione dell’euro: la relativa richiesta è stata presentata all’Unione europea a febbraio.
Una decisione in apparente controtendenza rispetto a quanto sta accadendo nei Paesi di più antica adesione all’euro: in molti di loro lo scontento nei confronti della moneta unica sta crescendo di pari passo all’aggravarsi della crisi economica. In Italia Beppe Grillo, dopo la performance elettorale del Movimento 5 Stelle, ha proposto un referendum online sull’euro. E persino nella solida Germania cresce il numero degli insoddisfatti: a inizio marzo un gruppo di accademici, giornalisti e intellettuali ha dato vita a un movimento euroscettico, Alternative für Deutschland (Alternativa per la Germania), che propone “un’uscita ordinata” del Paese dall’euro e la reintroduzione del marco tedesco, oltre a una modifica dei trattati europei per consentire a chiunque lo voglia di lasciare la moneta unica.
In questo scenario di sfiducia generale, la scelta della Lettonia sembra inspiegabile. In realtà la decisione è ben ponderata: secondo quanto rivela uno studio della società di gestione indipendente East Capital, il Paese baltico è uno dei pochi a rientrare pienamente nei parametri di Maastricht, con un deficit che nel 2012 era pari all’1,5% del Pil, un debito pubblico lordo pari al 38% del Pil e un’inflazione al 2,2 per cento.
La Lettonia è un Paese in buona salute economica, che secondo la ricerca ha molto da guadagnare dall’adesione alla moneta unica. Quella lettone “è una piccola economia flessibile, aperta e diversificata, già dominata dall’euro a cui è ancorata da tempo la moneta nazionale, il Lats”, spiega nel report Egle Fredriksson, gestore del fondo specializzato East Capital Baltic Fund. Per un Paese con queste caratteristiche “le implicazioni dell’adesione all’Eurozona sono già state dimostrate nel caso dell’Estonia, che ha adottato l’euro nel gennaio 2011 e da allora è stata una delle economie a più rapida crescita in Europa”.
I numeri parlano chiaro: lo scorso anno, secondo il rapporto, i Paesi baltici sono cresciuti ai ritmi più alti dell’intera Unione europea. In testa c’è proprio la Lettonia, con il Pil che nel 2012 è aumentato del 5,6%; seguono la Lituania con un +3,6% e l’Estonia con un +3,2 per cento. Anche per il 2013, secondo le stime, la crescita annua “resterà molto solida, intorno al 3,5-4%”. Nel 2012, nota il gestore, “la Borsa estone è stata tra le migliori del mondo, registrando un aumento del 41 per cento” e le società baltiche quotate hanno fatto segnare “una crescita degli utili aggregati del 28%, un dato molto migliore di quanto ci aspettassimo”.
Tutti gli indicatori portano Fredriksson ad affermare che “durante la crisi finanziaria la Lettonia ha chiaramente dimostrato come la sua economia flessibile sia in grado di adeguare le proprie spese senza ricorrere alla svalutazione per risolvere i propri problemi”. Di conseguenza, “non avendo gli stessi problemi dei Paesi in difficoltà dell’area euro, la Lettonia sarà in grado di beneficiare dei vantaggi derivanti dall’adozione della moneta unica: maggiore credibilità, riduzione dei costi, maggiore integrazione e, soprattutto, l’accesso ai finanziamenti internazionali”.