Siamo fermi e non si vede all’orizzonte una soluzione. Del resto è difficile pensare che Bersani possa diventare un Robespierre credibile nel chiedere di ghigliottinare la casta e la politica, lui che è parte integrante di quel ceto.

In questo momento il “mezzo” è importante almeno quanto il “contenuto”.

Il Pd e gli intellettuali che scrivono appelli ritengono che l’emergenza sia il lavoro e l’economia. Gli otto milioni e mezzo di persone, soprattutto giovani, che hanno votato per il M5S pensano che il problema centrale sia la “credibilità di chi governa”, le “facce e le storie di chi fa politica”. Non si può pensare che le nomenklatura faccia proposte rivolte al M5S e che questo le prenda sul serio. “Non appoggeremo alcun governo espressione dei partiti” ripetono i grillini. Ma qualcuno fa finta di non capire.

Contano le parole ma conta anche chi le pronuncia, quelle parole. Questo è in parte il succo dello tsunami grillino.

Serve una discontinuità nelle persone. La dirigenza del Pd deve riconoscere la propria sconfitta. Non ha saputo ottenere la maggioranza in ambedue le camere e ha dilapidato in poche settimane un capitale di consensi che era davvero notevole. Ora si può provare a mettere in gioco un leader che sia “credibile” quando dichiara che vuole tagliare o eliminare il finanziamento pubblico ai partiti. Oppure intestardirsi con la strada seguita finora e restare bloccati.

Governo di salute pubblica? Si che tagli le retribuzioni dei parlamentari, il finanziamento ai partiti e il numero dei parlamentari. Un governo che cambi la legge elettorale, che cancelli le province; che accorpi tutti i comuni con meno di 10.000 abitanti. Un governo che dimezzi il numero delle Regioni. Un governo che riduca gli stipendi degli alti burocrati pubblici. E così via.

E l’economia? Beh, se un simile programma giacobino, riuscisse a trovare i numeri in parlamento, poi potrebbe anche occuparsi della politica economica.

Il rischio invece è di perdere altro tempo, di andare ad altre elezioni con questa stessa legge elettorale e di trovarsi di nuovo senza una maggioranza capace di governare. “Con il vantaggio di cui dispone Berlusconi in regioni chiave (+6% in Puglia, +9% in Campania, +7% il Lombardia, +8% in Veneto), anche con nuove elezioni non ci sarebbe una maggioranza in Parlamento, poiché nessun sistema elettorale può dare la maggioranza parlamentare a una coalizione votata da meno di un terzo degli italiani”.

E a quel punto sarebbe davvero difficile evitare la catastrofe.

 

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