A Ubi banca va riconosciuto il pregio dell’onestà. Comunicando il ritorno all’utile (87 milioni di euro) e la conferma del dividendo (5 centesimi ad azione) la quarta banca italiana mette anche nero su bianco che i profitti del 2012 sono arrivati grazie ai soldi presi in prestito dalla Bce reinvestiti in titoli di Stato: 12 miliardi di euro per tre anni al tasso dell’1% che usati quasi tutti per comprare Bot e Btp hanno fruttato quasi 260 milioni di euro.
Nel 2011 la stessa attività di compravendita titoli aveva portato nelle casse di Ubi appena 7 milioni di euro. Viceversa sono in sensibile calo i proventi dell’attività bancaria classica, ossia i prestiti a imprese e famiglie. Il margine di interesse, vale a dire la differenza tra gli interessi che paga la banca e quelli che fa pagare quando eroga un finanziamento, è sceso del 7,7% a 1,8 miliardi di euro. Come per tutte le banche su questa voce ha inciso un Euribor (indice che fa da riferimento per il calcolo degli interessi) a livelli bassissimi ma anche una stretta sull’ammontare dei prestiti scesi di quasi il 7% a 92,9 miliardi di euro.
Anche Ubi del resto, paga lo scotto del continuo aumento dei crediti deteriorati. Incagli e sofferenze (prestiti che non vengono ripagati e che si potranno recuperare solo per via giudiziaria entrando in possesso dei beni posti a garanzia, es. la casa per un mutuo) sono salite a 8,2 miliardi dai 6,3 miliardi del 2011 e sono pari all’8,7% del totale dei prestiti, un livello elevato. Questa situazione ha costretto la banca a mettere da parte altri 847 milioni di euro per far fronte alle possibili perdite. Il tasso di copertura è però sceso dal 43,3% del 2011 all’attuale 42,6 per cento. I crediti dubbi salgono infatti di più e più in fretta degli accantonamenti. Sono tutte risorse che vengono, inevitabilmente, sottratte ai finanziamenti e che spingono le banche a lesinare credito nonostante siano tornati a crescere i fondi raccolti presso la clientela aumentati, nel caso di Ubi, dell’1 per cento.
Discorso a sé il caso Rcs, l’editrice del Corriere della Sera di cui Ubi è un grande creditore. Secondo l’amministratore delegato della banca, Victor Massiah, la decisione degli azionisti di Rcs di procedere a un aumento di capitale è “straordinariamente importante” e le banche creditrici, da parte loro, continueranno a svolgere il loro ruolo di banca, sostenendo il debitore “nel momento del bisogno”. “Abbiamo un rapporto storico con Rcs – ha detto il banchiere – di reciproca lealtà e soddisfazione. Come succede con tutti i nostri clienti che portano avanti un piano, questo piano ci è stato presentato; abbiamo fatto le nostre osservazioni, che non sono state particolarmente aggressive e ora seguiamo il nostro cliente”.
“Ovviamente – ha rilevato Massiah – in questo momento Rcs è più visibile mediaticamente, sia per dimensione sia per il fatto che è un’azienda editoriale. Ma Rcs rappresenta né più nè meno quello che banche italiane stanno cercando di fare: seguire i loro clienti e aiutarli nel momento del bisogno“. Una variabile importante nel rapporto con i creditori, secondo il consigliere delegato di Ubi Banca, è cercare di “seguire percorsi logici per far capire ai clienti che c’è bisogno di ricapitalizzare”. “Rcs – ha sottolineato ancora – ha deciso di farlo e questo è straordinariamente importante. C’è la volontà degli azionisti, poi noi siamo qui per fare banca”. Per gli istituti di credito, ha concluso, “è un momento difficile: se facciamo credito siamo criticati dal mercato, se non lo facciamo ci criticano lo stesso”.
Tornando ai conti di Ubi, la diminuzione dei ricavi ottenuti dai finanziamenti ha subito per di più un’accelerazione nel corso dell’anno. Dai 491 milioni del primo trimestre si è scesi fino ai 417 milioni degli ultimi tre mesi dell’anno. Un altro modo per dire che la stretta del credito si rafforza invece che attenuarsi e uno dei motivi per cui il quarto trimestre della banca si è chiuso con una perdita di 140 milioni.
I conti presentati oggi, per quanto sostanzialmente in linea con le attese, non sono piaciuti al mercato che ha spinto decisamente al ribasso le quotazioni del titolo arrivato a perdere oltre il 6 per cento. Non è bastata la rassicurazione di Massiah che, annunciando l’acquisto personale di 30mila azioni della banca, si è detto ottimista sulle prospettive della banca che nei giorni scorsi è finita nel mirino dei sindacati per gli incentivi ai manager contestuali ai piani esuberi. E intanto, nonostante le difficoltà non manchino, Ubi distribuirà un dividendo di 5 centesimi per azione, lo stesso dello scorso anno. Ne beneficeranno innanzitutto i grandi azionisti: Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo (2,2%); Fondazione Banca del Monte di Lombardia 2,2%, Norges bank (2,1%) e poi il fondo britannico Silchester International (5%) e il potentissimo fondo statunitense Blackrock, (5%) primo società di investimento al mondo che possiede tra l’altro circa il 3% di tutto quello che è quotato in Italia.