Nato a Buenos Aires nel 1936, è un gesuita: una scelta sorprendente, che ha sovvertito tutte le previsioni della vigilia. Nel drappo appeso alla loggia centrale della basilica vaticana non c'è lo stemma di Benedetto XVI: un gesto di grande discontinuità
Il Papa mancato. Otto anni fa fu lo sfidante di Joseph Ratzinger in Conclave. Oggi Jorge Mario Bergoglio, un gesuita, vescovo di Buenos Aires in Argentina, viene eletto successore proprio del suo antagonista dell’epoca. Una scelta sconvolgente e sorprendente. Bergoglio è nato nel 1936, 76 anni fa: sono passati 11 pontificati dall’ultimo Papa religioso e soprattutto Bergoglio è un Papa avanti negli anni. Tutti i pronostici delle ultime ore sono stati disattesi con l’attesa fumata bianca. C’è solo un vaticanista, peraltro italiano, che ha previsto e ha creduto nell’elezione di Bergoglio. Il suo nome è Andrea Tornielli, che su La Stampa ha accreditato negli ultimi giorni Bergoglio quale unico possibile successore di Benedetto XVI.
E’ uno schiaffo al Papa emerito? Questa è la sensazione a caldo. Più che successore di Benedetto XVI Bergoglio è il “diretto” successore di Giovanni Paolo II. I 115 cardinali elettori dimostrano di non aver gradito la rinuncia al pontificato del Papa tedesco. E’ un segno di unità che supera le antiche barriere del Vecchio Continente e arriva in America Latina, lì dove batte il cuore pulsante del cattolicesimo. Doveva essere un Papa italiano, o comunque europeo, e invece è un Papa d’Oltreoceano. E’ la prova tangibile che per i cardinali elettori il regno di un pontefice finisce con la morte del sovrano e non con la sua rinuncia. Ed è anche un grande invito a riformare la Curia romana, ad aprire le porte del Vaticano al mondo. La notizia è stata accolta con grande freddezza nella sala stampa vaticana. Il vice direttore, padre Ciro Benedettini, ha invitato i giornalisti a fare gli auguri all’ordine dei Gesuiti, di cui padre Federico Lombardi, portavoce vaticano, è un illustre rappresentante.
Bergoglio si presenta al mondo non con la calorosità dei gesti e delle parole di Giovanni Paolo II, ma con il popolarissimo nome di Francesco I. Benedice la folla con gesti freddi e rispetta un antico cerimoniale, rotto solo dal Papa polacco con il suo carattere solare. Un gesto di grande discontinuità è rappresentato dal drappo appeso alla loggia centrale della basilica vaticana. Non c’è lo stemma di Benedetto XVI. Ratzinger scelse invece di affacciarsi con il drappo con lo stemma di Giovanni Paolo II, suo diretto predecessore. Nella sua presentazione al mondo, Bergoglio ha chiesto al popolo di pregare per lui. Con questo gesto, semplice e silenzioso, ha ricordato il dramma di Wojtyla, che temeva che il popolo di Roma non accogliesse il Papa “venuto da un Paese lontano”.
Quale pontificato sarà? E se fosse stato eletto otto anni fa? Sicuramente c’è la collegialità, invocata dai porporati di tutto il mondo nelle congregazioni generali di questa sede vacante, tra le priorità nell’agenda di Francesco I. E ciò, se da un lato è ausipicio di un dialogo aperto con le Chiese particolari del mondo, dall’altro fa temere che uomini come il “premier” di Benedetto XVI, Tarcisio Bertone, possano continuare a mantenere la loro influenza sullo Ior, la Banca Vaticana e la Curia romana. Chi nella Chiesa invocava le dimissioni del quasi 79enne Bertone, anche a causa della sua età, deve prendere atto questa sera che il Papa ha soltanto due anni in meno del contestantissimo porporato salesiano.