Politica

Berlusconi ineleggibile, verso le 200 mila firme

Il marcio ventennio berlusconiano può davvero finire tra pochi giorni. Ma Napolitano ha posto il veto: “bisogna garantire al Cavaliere la partecipazione politica”, così l’Ansa sintetizza nel titolo il senso di questa Immoral Suasion del Colle. Invece, quasi 200 mila cittadini hanno già aderito, in poco più di una settimana, all’appello che tramite www.micromega.net. Andrea Camilleri e Dario Fo, Margherita Hack e Barbara Spinelli, Franca Rame e Vittorio Cimiotta, e infine il sottoscritto, hanno lanciato perché il nuovo Parlamento finalmente rispetti la legge 361 del 1957 che rende Berlusconi inequivocabilmente non eleggibile, e della quale uno spregevole inciucio ha fatto strame nelle passate legislature. Il primo ricorso, nel 1994, e il secondo nel 1996, ho avuto l’onore di firmarli insieme agli indimenticabili Alessandro Galante Garrone, Antonio Giolitti, Vito Laterza, Paolo Sylos Labini, Aldo Visalberghi.

Che nel 1994 una maggioranza berlusconiana calpestasse la legge era purtroppo prevedibile: l’espressione “in proprio”, fu “miracolata” dalla Giunta delle elezioni in “in nome proprio”, con una interpretazione alla azzeccagarbugli, pretendendo che la ineleggibilità valesse per amministratori e manager ma non per i proprietari, per Confalonieri e non per Berlusconi. Che la stessa ingiuria alla legalità venisse inflitta nel 1996 dalla maggioranza dell’Ulivo resta invece un triste abominio, che il centrosinistra ha purtroppo reiterato nella successiva vittoria elettorale. Ora Napolitano ci mette il suo carico da undici. Ma due giorni fa Vito Crimi, cittadino del M5S eletto al Senato, ha ufficialmente annunciato che i membri del M5S nella Giunta delle elezioni voteranno per il rispetto della legge e per dichiarare dunque Berlusconi non eleggibile e non eletto. Questa decisione ufficiale cambia completamente il quadro politico.

E infatti: da molte parti si invoca un “dialogo” tra M5S e Pd, ma un dialogo sulle cose il M5S lo ha già avviato, su almeno tre questioni altamente qualificanti: rinuncia ai rimborsi elettorali (e successiva legge che li abroghi), accettazione di una presidenza della Camere, purché senza trattative, e infine la non eleggibilità di Berlusconi. A questo punto è Bersani che deve rispondere, con un evangelico “sì sì, no no” (“perché il di più viene dal demonio”, Matteo 5,37) senza ciurlare nel manico. Quando la giunta delle elezioni del Senato si riunirà, gli esponenti del Pd voteranno insieme a quelli del M5S o a quelli del cieco di Arcore?

Se voteranno per la legalità, affiancandosi al M5S, Berlusconi uscirà di colpo dalla scena politica, e di fronte alla legge, alle inchieste, ai processi, alle sentenze, sarà un cittadino eguale a tutti gli altri. Se fossi Nostradamus scommetterei che il giorno dopo la decisione del Senato (forse un minuto dopo) il putiniano di Arcore sarebbe già all’estero, malgrado l’uveite.

Questa clamorosa svolta nella politica italiana è dunque a portata di mano, e si deciderà tra pochi giorni. Il moltiplicarsi delle firme all’appello di MicroMega è lo strumento perché l’indignazione democratica si trasformi in azione e costringa Bersani, Vendola e Renzi a dire senza più infingimenti se vogliono che l’Italia esca dalla vergogna delle macerie morali e materiali cui l’hanno portata Berlusconi e gli inciuci senza complessi di D’Alema, oppure se i loro “8 punti”, “rottamazioni” e altre” narrazioni” sono il solito ritornello gattopardesco con cui si vuole puntellare un potere di establishment avvitato nell’indecenza.

Non si facciano illusioni: ogni titubanza, ogni contorsionismo verbale, ogni tentativo di procrastinare la decisione del Senato, saranno vissuti dai cittadini che ancora credono nella Costituzione repubblicana come complicità e omertà con Berlusconi e i suoi bravi. Perché di questo in effetti si tratterebbe.

È semmai incredibile che lo squadrismo in botulino con cui i parlamentari Pdl hanno aggredito il palazzo di giustizia di Milano e l’autonomia della magistratura non abbia avuto risposta adeguata da parte del Pd. Non si tratta di un golpe, infatti, solo perché i protagonisti sono a livello della pochade, ma la volontà eversiva c’è eccome. Contro la quale in piazza il 23 dovrebbero magari scendere gli amici della Costituzione.

il Fatto Quotidiano, 13 Marzo 2013