“L’architettura è il mio hobby – diceva Oscar Niemeyer – una delle mie allegrie: creare la forma nuova che il cemento armato suggerisce, scoprirla, moltiplicarla, inserirla nella tecnica più d’avanguardia. Questo è per me inventare lo spettacolo dell’architettura”.
Allegria e avanguardia: si potrebbe riassumere in queste due parole la ricca biografia dell’architetto brasiliano scomparso a Rio de Janeiro il 5 dicembre scorso, 10 giorni prima di compiere 105 anni. Un’età, un’attività e una storia eccezionali. Dalla vittoria, con Lucio Costa, per il piano pilota della nuova capitale Brasilia (inaugurata nel 1960) all’esilio a Parigi durante il golpe militare del 1964 (è di quegli anni la celebre frase di Fidel Castro: “Niemeyer e io siamo gli ultimi comunisti rimasti a questo mondo”), fino ad arrivare alla decisione di sposarsi per la seconda volta all’età di 98 anni, nel 2006, con la segretaria Vera Lucia Cabreira, più giovane di lui di 38 anni, e contro il volere della figlia Anna Maria.
Ora il padre dell’architettura brasiliana, con il suo sguardo intenso e rassicurante, può vegliare dall’alto San Paolo, città che gli deve molto: tra le numerose opere voglio ricordare, in particolare, il Parco Ibirapuera, inaugurato nel 1954 in occasione del 400esimo compleanno della fondazione della metropoli e tutt’ora il suo più grande parco urbano.