Nel quinquennio l'azienda continuerà a versare ai soci (Tesoro in primis) il 40% dei profitti. Si rafforzerà vendendo asset per 6 miliardi ed emettendo nuovo debito per 5 miliardi. Le accuse di Greenpeace: "L'azienda cambi rotta sull'inquinamento"
Enel chiude il 2012 con un utile netto di 865 milioni (-79% rispetto ai 4,1 miliardo del 2011) su cui pesa soprattutto la svalutazione, per oltre 2,5 miliardi, delle attività della controllata spagnola Endesa. I ricavi sono ammontati a 84,9 miliardi (+6,8%), mentre è diminuito del 3,8% l’indebitamento netto, arrivato a 42,9 miliardi di euro. Lo rende noto il gruppo controllato dal Tesoro in occasione della presentazione del piano strategico 2013-2017, aggiungendo che il dividendo proposto per l’esercizio è di 0,15 euro ad azione (0,26 nel 2011).
Per tutto il periodo del piano, poi, l’azienda conferma la politica dei dividendi con una remunerazione pari almeno al 40% dell’utile netto. E per non rinunciare a distribuire profitti al Tesoro, nel quinquennio la società intende rafforzare il patrimonio mettendo in vendita asset per un controvalore di 6 miliardi di euro ed aumentando i debiti: è prevista l’emissione di strumenti ibridi per circa 5 miliardi.
”Nel corso del 2012 Enel ha conseguito risultati in linea con gli obiettivi indicati al mercato, sia in termini di margine operativo lordo sia in termini di indebitamento finanziario netto, pur continuando ad operare in un contesto macroeconomico sfavorevole, particolarmente in Italia e Spagna”, dice l’ad del gruppo Fulvio Conti, commentando in una nota i risultati finanziari e spiegando in particolare che in Spagna “il peggioramento dei flussi di cassa attesi, conseguente ai provvedimenti regolatori emessi dal governo nel corso del 2012, unitamente al deterioramento del quadro economico di riferimento, hanno reso necessario un adeguamento di valore dell’avviamento associato alle attività di Endesa nella Penisola Iberica.
“Per i prossimi cinque anni – annuncia quindi l’ad – confermiamo la strategia già avviata, focalizzata sulla protezione dei margini e dei flussi di cassa nei mercati maturi e sullo sviluppo nei mercati in crescita e nelle rinnovabili. Tutto ciò accelerando le azioni di riduzione dei costi e di incremento delle efficienze nell’ambito dell’intero gruppo nonché di semplificazione della struttura societaria, con una costante attenzione alla riduzione dell’indebitamento, nonché al mantenimento della nostra attuale categoria di rating”.
Secondo Conti, azioni simili potranno “consentire di cogliere il momento in cui le economie mature, in particolare Italia e Spagna, riprenderanno a crescere”. Per il quinquennio 2013-2017, Enel prevede un ebitda a circa 16 miliardi di euro quest’anno (16,7 miliardi nel 2012), circa 16 miliardi nel 2015 e tra 17 e 18 miliardi nel 2017 e un utile netto ordinario a circa 3 miliardi di euro nel 2013, circa 3,3 miliardi nel 2015 e tra 4 e 5 miliardi nel 2017. L’indebitamento finanziario netto dovrebbe progressivamente scendere a circa 42 miliardi di euro nel 2013, circa 37 miliardi nel 2014 e tra 36 e 37 miliardi nel 2017.
Conti garantisce poi che l’Enel non ricorrerà a nessun ammortizzatore sociale per i propri dipendenti, ma continuerà a lavorare solo “con accordi sindacali”. “Io non ammortizzo nessuno, non vogliamo ricorrere a nessuna forma forzata. Ma siccome stiamo chiedendo sacrificia tutti, noi stessi ci assoggettiamo. Rinuncio a tutta la componente variabile degli emolumenti come ad e al 30% come dg”. Il taglio riguarda i top manager, compreso il presidente Colombo. Nel 2011 Conti ha percepito 4,375 milioni di euro, dei quali 1,382 milioni come parte fissa e 2,931 milioni come parte variabile.
Intanto Greenpeace critica aspramente i dati della produzione elettrica da carbone in Italia del gruppo, osservando che “oggi l’azienda è arrivata a generare, con la fonte più inquinante e dannosa per il clima e la salute, il 48,4%” e che “l’incremento relativo, in due anni, è di quasi il 50 per cento”. L’associazione ambientalista spiega che “la produzione di elettricità da carbone di Enel passa da 32,4 TWh nel 2011 a 36 TWh nel 2012. Si ha quindi un notevole aumento della quota di energia proveniente da questa fonte, nonostante la produzione totale in Italia cali da 79 TWh a 74,5 TWh. In altre parole – osserva Greenpeace – se nel 2011 Enel produceva col carbone il 41% della sua elettricità in Italia (e l’anno prima ne produceva il 34%), oggi è arrivata a generare” con il carbone “il 48,4%”.
“Enel prosegue su una strada sciagurata”, dichiara Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace aggiungendo che dal 2009 ad oggi la produzione con carbone “è cresciuta di quasi il 50 per cento e oggi l’impatto sanitario ed economico di un’azienda che va per metà a carbone è semplicemente insostenibile per il Paese”. Il piano industriale di Enel – secondo Grenpeace – è una “fumata nera” per il futuro dell’Italia.
Greenpeace ricorda che “proprio in questi giorni è in discussione la richiesta dell’Enel di aumentare i limiti di inquinamento e la produzione nell’impianto di Civitavecchia; contemporaneamente l’azienda vuole realizzare due nuovi impianti a carbone, a Porto Tolle e a Rossano Calabro. Fulvio Conti, amministratore delegato di Enel, mira a ottenere un quarto mandato. Dopo aver tentato di fregarci col nucleare, Conti sta facendo del carbone un primato assoluto e nefasto per la sua azienda, nella quale la produzione e gli investimenti sulle nuove rinnovabili rimangono marginali. Greenpeace chiede che venga quanto prima rimosso il management Enel e che l’azienda cambi radicalmente rotta”.