Politica

Grillini dopo lo tsunami: perplessi

Qui ci sta cambiando il mondo sotto i piedi e le parole che usavamo per descriverlo diventano mute. In passato le elezioni servivano a selezionare governanti, oggi non più. Il sistema dello star-system in politica si conferma formidabile per fare mietitura di consensi, non per mettere a punto idee guida (che essendo inequivocabili, e quindi discriminanti, confliggerebbero con l’intento acchiappatutto). Difatti nell’ultimo ventennio abbiamo visto succedersi abilissimi impresari ed interpreti prestati alla politica spettacolo, da Berlusconi a Bossi al duo new entry Grillo-Casaleggio; i quali, dopo aver preso d’assalto il Palazzo e conquistate le casematte del potere, sono rimasti basiti. Non sapendo più che pesci prendere.

A carnieri colmi di voti Berlusconi e Bossi se ne sono infischiati della condizione confusionale (il non sapere che fare dopo) in cui erano precipitati, visto che il successo consentiva loro di curarsi gli affaracci personali e dei propri famigli in assoluta libertà. Più grave ora la situazione politico/psicologica per le menti e le braccia del M5S, che non hanno a disposizione l’uscita di sicurezza nella mascalzonata e nell’arraffo. Difatti la sensazione che trasmettono è quella del più completo smarrimento. Molto comprensibile per le divisioni partigiane dei neofiti calati su Roma dai natii borghi selvaggi. Molto più preoccupante se riferita al pensatoio a due teste che dovrebbe tracciare la linea per gli arruolati. Di fatto, l’unico obiettivo concreto che avevano offerto alla rabbia montante di un Paese taglieggiato dalle sanguisughe politicanti si riassumeva nella promessa di fare piazza pulita. La rabbia era tale che il Movimento ha stravinto e un certo repulisti si è realizzato.

E ora? Ora i dioscuri Grillo e Casaleggio sembrano finiti in un “Truman Show” di Peter Weir alla rovescia, in cui il Palazzo è solo una quinta dietro la quale c’è il vuoto. Come se i partigiani, scesi dalla montagna, invece che tedeschi e repubblichini in armi per sbarrargli il passo trovassero il cerchio magico di una fata morgana. Con il rischio di impazzire o finire ostaggi delle magie di qualche stregone. Ecco – dunque – la criticità del secondo tempo nella partita in corso: liberarsi dalla melassa di una tattica (a “8 punti”) che non offre riferimenti e bersagli reali. Anzi – come si diceva – intorbida le acque usando le parole come trappole: “la responsabilità”, che vorrebbe dire rinunciare al proprio mandato di fare pulizia in nome di presunte compatibilità (la governabilità, le attese di Bruxelles, le banche…); “il populismo”, questo mostro ineffabile che precipita in pura e deprecata indecenza più che legittime aspirazioni popolari al mantenimento dei passati livelli di sicurezza/cittadinanza (il diritto alla salute per tutti, un lavoro non precario, la democrazia presa sul serio…). E così via.

Tra lo smarrimento e le sabbie mobili cresce il rischio che lo scossone di fine febbraio si riduca alla dimensione del puro folklore: la portavoce del M5S inseguita dalle Iene, il grillino che pensa di essere in Xfiles e teme che gli impiantino il chip sottopelle. Intanto il Pd sta affilando i coltelli per l’ennesima notte di San Bartolomeo, mentre Massimo D’Alema mimetizzato da ambasciatore del tartufo di Norcia scambia papelli con Gianni Letta e Matteo Renzi tira i sassi nascondendo la mano da bravo Gianburrasca andato scuola dai gesuiti. L’unico sull’orlo della crisi di nervi è il Cavaliere, che vorrebbe dar fuoco al tribunale di Milano come nel copione de il Caimano di Nanni Moretti. Ma, dal suo punto di vista, ha ragione da vendere: se i magistrati napoletani facessero richiesta alle Camere di provvedimenti restrittivi nei suoi confronti, stavolta ci sarebbe la maggioranza per consentirlo. E questa – ad esempio – sarebbe una fuoriuscita effettiva da stalli e miraggi.

Ecco, qui sta la possibile salvezza tanto per i nuovi come per il vecchio che vorrebbe redimersi: due/tre cose concrete da fare. Tipo domiciliari a Berlusconi, legge elettorale e relativi regolamenti. Per poi andare al finale di partita (le nuove elezioni). Con un chiaro vincolo temporale: in ogni caso il mach non potrà protrarsi ancora a lungo. Solo quanto occorre per fare quelle benedette due/tre cose. Non certo l’arco temporale necessario per la totale putrefazione del ceto politico (cioè l’unico progetto strategico di Grillo-Casaleggio; che non tiene conto della tenuta del Paese, non meno degli stessi grillino in Parlamento) o lo sfinimento dei governi di programma che pretenderebbero i Napolitanidi.