Esce il 19 marzo il nuovo disco dell'ex idolo pop per teenager. Niente influenze dance, questa volta le canzoni virano sui classici del soul nero, da Marvin Gaye a Quincy Jones fino a Jackson e Prince
Justin Timberlake torna sulle scene. Esce infatti il 19 marzo in Italia il suo nuovo disco, intitolato “The 20/20 Experience”, pubblicato dalla major Rca. L’album è da ieri disponibile in ascolto gratuito su Itunes. Da Memphis a New York City, Timberlake in questi dieci anni ha traghettato il pop moderno da una fase di transizione verso nuovi orizzonti. In libera uscita dalla boy band venerata dalle teenager, gli *Nsync, nel 2002 pubblicava “Justified”, quindi nel 2006 l’affermazione definitiva con “Futuresex/Lovesound”, disco dal sapore metropolitano ed attuale come pochi. Ci sono voluti sette anni per completare un nuovo cerchio. E a ulteriore dimostrazione che il prodotto discografico è importante, ma che anche la confezione vuole la sua parte, Timberlake ha lanciato il singolo su Myspace, il cui dominio è stata acquistato e restaurato proprio da una società da lui controllata con l’obiettivo di rilanciarne l’immagine.
Al di là degli snobismi, Justin Timberlake rimane l’artista mainstream che più ha avuto la capacità di condurre a sintesi tutto ciò che è il pop degli anni Zero. Ha recuperato (al pari di Janelle Monae o Erykah Badu) il soul, attualizzandolo e rendendolo appetibile verso un pubblico più vasto, ha saputo curare le sue produzioni in modo maniacale, intrecciando rhythm & blues, modernariato pop e sfondi elettronici. Il tutto assieme suo sodale Timbaland, rinomatissimo produttore ingaggiato da mezzo mondo. Nelle interviste Timberlake cita molti nomi storici della scena “nera”, nomi che ritornano continuamente nelle note di queste dieci canzoni, da Marvin Gaye a Quincy Jonces, passando per Michael Jackson e Prince. E pare singolare che, di fronte ad una industria musicale che macina e tritura tutto velocemente, siano passati così tanti anni dall’ultimo disco, ma è lo stesso Timberlake a RollingStone a spiegare così la scelta: “Non sono il tipo di artista che produce 10 o 15 album. Ho bisogno di entrare in totale sintonia con quello che faccio. Ecco, quel momento ora è arrivato”.
“The 20/20 Experience” emerge quindi come un vero e proprio bignami. Dieci tracce per oltre un’ora di musica, a far intendere che l’ascolto è tutt’altro che agile. Canzoni della durata media di 7 minuti, senza interludi ma con diversi cambi di ritmo e direzione, indicano la volontà di stupire. Suggerisce infatti Justin: “Abbiamo fatto un disco di questo genere perché potesse essere ascoltato dall’inizio alla fine. Non è per forza un racconto, ma è stato costruito affinché ci fosse una narrazione nel suono e del suono”. In effetti il fil rouge è ben chiaro. Non c’è quasi traccia delle influenze dance dei tempi passati, ma il piatto offre una spettro musicalmente vario, tra tagli Motown à la crooner (il singolo “Suit & Tie” accompagnato dal rap di Jay Z) e pop proiettato nel futuro (“Tunnel Vision”). “The 20/20 Experience” è una sorta di disco soul “bianco”, che sia apre fino alla sperimentazioni in bilico tra ambient e r’n’b sulla scia dell’enfant prodige d’Oltremanica James Blake.
Chi fosse desideroso di seguire dal vivo il cantante dovrà pazientare (a meno di non dirigersi in America per un tour negli stadi che partirà quest’estate con Jay Z come ospite d’eccezione). Al momento infatti non è prevista nessuna apparizione live in Europa.