Le richieste di rinvio a giudizio riguardano 67 persone e due società. Fra i reati ipotizzati la bancarotta e la truffa. Secondo le indagini preliminari sarebbero stati concessi prestiti e finanziamenti senza garanzie e tra questi anche al senatore Pdl
Il pm di Firenze hanno chiesto il rinvio a giudizio per il coordinatore del Pdl Denis Verdini e per Marcello dell’Utri per il procedimento sulla gestione della Banca Credito Cooperativo Fiorentino. Le richieste di rinvio a giudizio riguardano 67 persone e due società. Fra i reati ipotizzati nell’inchiesta, la bancarotta e la truffa.
Secondo le indagini preliminari, chiuse nell’ottobre 2011, finanziamenti e crediti milionari sarebbero stati concessi senza “garanzie”, sulla base di contratti preliminari di compravendite ritenute fittizie. Soldi che, per la Procura di Firenze venivano dati a “persone ritenute vicine” a Verdini stesso sulla base di “documentazione carente e in assenza di adeguata istruttoria”. Come il fratello Ettore, la nipote Serena, il presidente della Serravalle e avvocato fiorentino Marzio Agnoloni. A guidare il tutto, secondo l’accusa sostenuta dai sostituti procuratori Giuseppina Mione, Luca Turco e Giulio Monferini, c’era lui, Verdini: il politico-banchiere “dirigeva e organizzava l’associazione” mentre Riccardo Fusi e Roberto Bartolomei “ideavano e realizzavano le strategie societarie e bancarie finalizzate ad ottenere l’erogazione del denaro da parte del Credito cooperativo fiorentino”.
In totale, secondo la magistratura il volume d’affari, ricostruito dai carabinieri dei Ros di Firenze, sarebbe stato pari a “un importo di circa 100 milioni di euro” di finanziamenti deliberati dal Cda del Credito i cui membri, secondo la notifica della chiusura indagini “partecipavano all’associazione svolgendo il loro ruolo di consiglieri quali meri esecutori delle determinazioni del Verdini”. In sintesi secondo l’accusa, Verdini decideva a chi dare, e quanto, mentre gli altri si limitavano a ratificare “senza sollevare alcuna obiezione”. In alcuni casi poi provvedeva “in favore di se stesso e della coniuge Simonetta Fossombroni”, anche lei raggiunta dall’avviso di garanzia. A dare il via a questa nuova indagine, la relazione dei commissari di Bankitalia che in 1.500 pagine, allegati compresi, avevano riassunto lo stato di salute della banca di Verdini. E le anomalie riscontrate. Dell’Utri in particolare sarebbe riuscito a ottenere, nonostante una situazione di “sofferenza” bancaria, un affidamento nella forma dello scoperto bancario di 250mila euro, diventati in appena 7 mesi ben 2.800.000, per poi lievitare a 3.200.000. Questo, per l’accusa, era avvenuto senza garanzie.