E' quanto sostiene Horacio Verbitsky, uno dei principali giornalisti di inchiesta argentini ma molto legato al governo di Cristina Kirchner. Bergoglio ha sempre sostenuto invece che ordinò loro di andarsene, che insistette perché abbandonassero quel lavoro e che li cacciò dalla Compagnia per la regione contraria: per proteggerli
Esiste un grande accusatore del nuovo Papa. Si chiama Horacio Verbitsky, è uno dei principali giornalisti di inchiesta argentini. E’ molto legato al governo di Cristina Kirchner. Ciò lo rende assai ideologico nel difendere l’operato del governo, ma non toglie valore ai documenti pubblicati nelle sue inchieste. Verbitsky sostiene, da anni, che Jorge Bergoglio ha mentito di fronte a un tribunale argentino e che nasconde responsabilità personali dirette riguardo al sequestro di due sacerdoti gesuiti avvenuto nel 1977. Sostiene di avere i documenti per provare ciò che dice. Due di questi documenti sono pubblicati nel suo libro “El silencio”.
I fatti. Subito dopo il golpe del 24 marzo 1976 Bergoglio era Superiore provinciale della Compagnia di Gesù in Argentina. Era quindi il diretto superiore dei sacerdoti gesuiti delle comunità ecclesiastiche di base che lavoravano nelle baraccopoli di Buenos Aires, attività non gradita ai militari che ritenevano questo genere di attività sintomo evidente di inclinazione alla sovversione. Nel febbraio del ’76, un mese prima del colpo di stato, Bergoglio chiese a due sacerdoti, Orlando Yorio e Francisco Jalics, di smettere di lavorare con i poveri delle baracche, di lasciar perdere, di andarsene. Loro si rifiutarono. Nel maggio di quell’anno vennero sequestrati, portati nel centro clandestino della Escuela meccanica de la armada e torturati. Vennero rilasciati dopo sei mesi. A salvar loro la vita, a sottrarli ai voli della morte in cui venne fatta sparire la maggior parte degli altri prigionieri, furono pressioni internazionali, anche del Vaticano. I due sacerdoti sostengono che fu Bergoglio il responsabile del loro sequestro, perché cacciandoli dalla Compagnia e fecendo pressioni sull’arcivescovo di Buenos Aires perché non potessero dire più messa, tolse loro la protezione ecclesiastica necessaria a sopravvivere in quelle condizioni facendoli così finire nelle liste nere dei militari. Bergoglio ha sempre sostenuto invece che ordinò loro di andarsene, che insistette perché abbandonassero quel lavoro e che li cacciò dalla Compagnia per la regione contraria: per proteggerli.
Di questa polemica si è discusso a lungo in Argentina dopo la fine della dittatura quando Bergoglio era arcivescovo di Buenos Aires. Finché un giorno Verbitsky ha raccontato di aver trovato nell’archivio del ministero degli esteri argentino dei documenti che, dice lui: “chiariscono la questione dimostrando che la verità la dicevano due sacerdoti”.
I documenti sono tre. “Uno è una lettera in cui due, anni dopo del sequestro, Bergoglio sollecita un passaporto per uno dei due sacerdoti, nel frattempo uscito dal Paese – racconta Verbitsky – . Il secondo è il memorandum inviato al ministro dal funzionario che aveva ricevuto Bergoglio, nel quale il funzionario consiglia di rifiutare la concessione del passaporto. Il terzo è una lettera del funzionario in cui spiega perché il passaporto va rifiutato: perché il sacerdote in questione è un sovversivo, ha avuto grave conflitti con i suoi superiori ed è un elemento perturbatore nella chiesa. E dice anche chi è la fonte di questa informazione: Jorge Bergoglio”.
L’altra grande accusa di Verbitsky al Papa riguarda una testimonianza rilasciata da Jorge Bergoglio davanti al tribunale federale numero 5 di Buenos Aires. “Bergoglio ha mentito al tribunale, ha ammesso di avermi dato un’intervista nel 1999, ma ha negato di avermi dato informazioni da me documentate”. Nel 1999 Verbitsky intervista Bergoglio durante il lavoro di inchiesta per un suo libro sulle complicità tra chiesa argentina e dittatura militare. “Mi ha detto che nel 1979 l’arcivecovado di Buenos Aires vendette alla Marina argentina un’isola nel delta del Tigre che poi venne usata come centro clandestino di prigionia”. Quell’informazione non fu confermata da Bergoglio in tribunale. Si tratta di un’isoletta chiamata “el silencio”, a un’ora di viaggio dal centro di Buenos Aires, usata dalla chiesa come luogo di villeggiatura. Venne venduta nel ’79 alla Marina e diventò centro di prigionia clandestino. “Non avrei potuto rintracciare il documento che prova la compravendiata della proprietà dell’isola se Bergoglio non mi avesse dato dati – dice Verbitsky – nella testimonianza ha mentito”.
Bergoglio negli ultimi anni a Buenos Aires è diventato il simbolo dell’opposizione al governo Kirchenr. La sua contrarietà alla presidente è aperta e notissima. Verbitsky è un bravo giornalista, ideologicamente molto schierato. Difendere il governo Kirchner negli ultimi anni è diventato il suo mestiere. Nessuno però, nemmeno tra i migliori giornalisti di Clarín, Naciòn e Perfil, i tre grandi gruppi editoriali di opposizione di Buenos Aires, è mai riuscito a smentire, dati alla mano, il risultato di una sua inchiesta. Nemmeno queste sue vecchie accuse al nuovo Papa.