Monti arriva a Bruxelles piuttosto battagliero, ma difficilmente il contesto poteva essere meno favorevole. Sia a livello interno sia europeo. Subito dopo il voto del 25 febbraio, Monti è tornato al suo ruolo di premier tecnico e ha convocato a Palazzo Chigi i tre principali leader politici per discutere la strategia europea e andare a Bruxelles con un mandato politico pieno, nonostante le elezioni. Beppe Grillo non ha mai risposto, Silvio Berlusconi è stato bloccato da una congiuntivite (assai opportuna giustificazione per provare a sottrarsi ai processi) e così Monti ha potuto parlarne soltanto con Pier Luigi Bersani.
Meglio di niente, ma anche fuori dai confini patri ormai hanno capito che Bersani non è affatto sicuro di andare a Palazzo Chigi e che, dopo il voto, è anche lui un leader debole. Certo, la sintonia tra Bersani e Monti è alta, sono diverse solo le sfumature ma la sostanza è la stessa. Però Monti avrebbe preferito incontrare Angela Merkel e François Hollande dopo aver parlato anche con Berlusconi e Grillo. Anche perché Grillo continua a essere il primo oggetto di interesse sia per la politica europea sia per le banche (i gruppi stranieri cercano disperatamente di capire quale sia la linea economica del movimento). E il leader dei Cinque Stelle al principale quotidiano economico tedesco Handelsblatt concede un’intervista che vorrebbe essere rassicurante, ma che sarà ricordata per l’enigmatica affermazione che “l’Italia di fatto è già fuori dall’euro”. I capi di Stato e di governo chiederanno a Monti di spiegare cosa vuole fare Grillo, chissà se il premier sarà in grado di rispondere.
Un problema più urgente – per l’Europa prima che per Monti – arriva dal Parlamento europeo che ieri ha bocciato l’accordo raggiunto all’ultimo Consiglio europeo sul bilancio 2014-2020 dell’Unione. La decisione è stata presa con una maggioranza schiacciante. E il presidente dell’Europarlamento, Martin Schulz, ha detto che al Consiglio di oggi proporrà di “negoziare per migliorare il bilancio”. I Paesi rigoristi (più la Gran Bretagna) avevano spinto per un taglio delle risorse destinate dagli Stati a Bruxelles che per la prima volta potrebbe avere meno dell’1 per cento del Pil europeo, circa 960 miliardi. Troppo pochi per affrontare la recessione. Se da un lato per l’Italia e Monti le cose si complicano (il compromesso sul budget era stato presentato dal governo come vantaggioso per l’Italia), dall’altro è una buona notizia: se il Consiglio è assediato dal Parlamento che chiede di rivedere l’austerità, per l’Italia sarà più semplice ottenere qualche deroga. Almeno questo sperano Monti e Moavero.
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Il Fatto Quotidiano, 14 Marzo 2013