Dal 2014 i motori cominceranno a rombare. Anzi, a sibilare, visto che si tratta di auto alimentate interamente con batterie al litio. Il campionato mondiale di Formula 1 con auto elettriche, lanciato ufficialmente dalla FIA (Federazione Internazionale dell’Automobile) nell’agosto del 2012, ha ora individuato anche le sedi dei primi otto gran premi: Londra, Roma, Los Angeles, Miami, Pechino, Putrajaya (Malesia), Buenos Aires e Rio de Janeiro.
Altre due città saranno scelte nei prossimi mesi tra Tokyo, Hong Kong, Berlino e Vancouver. Sì correrà nei centri cittadini, con un inquinamento atmosferico e acustico praticamente pari a zero. A Londra e Pechino si sceglieranno molto probabilmente le strade vicine agli stadi olimpici, mentre a Roma si correrà attorno al Circo Massimo. La lista delle prime otto città è stata presentata venerdì 8 marzo a Parigi al Consiglio Mondiale del Motor Sport (WMSC) della FIA, mentre il calendario delle corse sarà fissato entro settembre.
“Vogliamo creare una nuova esperienza delle corse automobilistiche. Si vedranno correre auto di nuova concezione nei centri urbani, davanti a un nuovo pubblico, in luoghi nei quali non si è mai corso prima”, ha dichiarato Lord Paul Drayson, ministro del governo inglese fino al 2010 e consulente scientifico dell’iniziativa. Drayson, il cui obiettivo dichiarato è “creare uno spettacolo sportivo che sia allo stesso tempo emozionante e sostenibile” è convinto del fatto che i gran premi di Formula 1 elettrica non aiuteranno solo a promuovere le auto elettriche ma anche a svilupparle meglio, migliorando le auto da strada, perché “le corse automobilistiche sono sempre state un fantastico stimolo per la ricerca e lo sviluppo”.
Dieci i team coinvolti e venti i piloti, che guideranno un modello di auto elettrica da corsa disegnata dall’impresa francese Formulec con la collaborazione di McLaren: due marce, un peso di 780 Kg, una velocità massima di 220 Km all’ora e la capacità di accelerare da 0 a 100 Km/h in tre secondi, come una Ferrari da strada. A confronto le auto che sfrecciano oggi nei gran premi di Formula 1 pesano di meno, intorno ai 640 Kg, possono avere un massimo di sette marce, superano i 300 km/h e arrivano da 0 a 100 km/h in meno di due secondi. La vera differenza, però, è che i bolidi elettrici avranno un’autonomia di 25 minuti (prima di essere ricaricati) e ogni pilota dovrà averne in dotazione due per riuscire a completare la corsa, che durerà un’ora.
L’idea dietro il campionato di Formula 1 a batterie è semplice: le auto elettriche hanno un problema di immagine e le corse potrebbero aiutare a risolverlo. “Fino ad oggi le auto a batterie sono state semplicemente poco pratiche, lente, pesanti e costose”, riporta la BBC. “Ora la situazione sta cambiando, con il lancio di modelli come la Nissan Leaf o la Ford Focus Electric, che hanno una performance interessante e batterie che possono durare anche per viaggi relativamente lunghi”.
Le vendite, però, rimangono stagnanti. Negli Stati Uniti sono stati venduti 13 milioni di automobili nel 2011, ma meno di 20.000 avevano un motore elettrico. “Le auto elettriche non sono state cool fino ad oggi”, ha spiegato Jay Nagley, analista dell’industria automobilistica. “Fino all’avvento della Nissan Leaf erano come biciclette a quattro ruote, con un pacco di batterie e statistiche sulla sicurezza molto deludenti. C’è un grande bisogno di cambiare l’immagine del comparto”.
Un bisogno a cui cercherà di rispondere una cordata di imprenditori con una storia quantomeno discutibile. I diritti commerciali per il campionato di Formula 1 elettrica sono stati infatti attribuiti dalla FIA al consorzio Formula E Holdings, guidato dall’immobiliarista spagnolo Enrique Banuelos, che, come riporta il Financial Times, “ha perso miliardi con lo scoppio della bolla immobiliare del 2007 ed è ora attivo in Brasile”.
Un secondo investitore è Alejandro Agag, genero dell’ex premier spagnolo José Maria Aznar e presidente della società di investimenti londinese Addax Capital. Agag, enfant prodige del Partido Popular e per anni assistente personale di Aznar, è noto alle cronache italiane per la sua vicinanza a Silvio Berlusconi, che è stato suo testimone di nozze. Artefice della quotazione in borsa di Mediaset, il banchiere d’affari secondo le indiscrezioni mai confermate dell’epoca, avrebbe avuto un ruolo anche nel tentativo di scalata di Rcs da parte di Stefano Ricucci.