Il cantiere dei Baustelle è di nuovo in piena attività. La band di Montepulciano ha aperto il 2013 in pompa magna: l’uscita del nuovo album, Fantasma, il sesto a partire dall’esordio col Sussidiario illustrato della giovinezza nell’ormai lontano 2000; quattro fortunati concerti anteprima a teatro lo scorso febbraio (Bari, Roma, Firenze e Milano) con il coinvolgimento dell’Ensemble Simphony Orchestra diretta da Enrico Gabrielli, e a marzo la partenza del Fantasma Tour 2013, che ha già registrato 2 sold out a Torino e Brescia.
La prossima tappa della band tocca Bologna, il prossimo 17 marzo, al Teatro Europauditorium, e pochissimi sono i biglietti ancora disponibili. Un successo indiscutibile, quello della band di Francesco Bianconi, che si è fatta largo nel panorama musicale italiano uscendo dai confini elitari del panorama indie, scatto in avanti consacrato pure dal passaggio all’etichetta Warner Italia, nel 2005, quando La Malavita conquistò il prestigioso riconoscimento di Disco d’oro. Un disco nato e cresciuto nella loro Montepulciano, la loro città d’origine, dopo anni di esilio milanese.
E siccome squadre e formule vincenti non si cambiano, la formazione (quasi) originaria si presenta con un nuovo concept album, come nella piena tradizione del gruppo, come già lo furono il Sussidiario e I mistici dell’Occidente. E se col Sussidiario i Baustelle avevano inaugurato il loro percorso di personale scandaglio delle età della giovinezza, con Fantasma chiudono, almeno per ora, quello aperto con Amen, dai toni decisamente in levare e dalla riflessione alta: Dio, il tempo, la vita e la morte, la fuga sdegnosa e meditata da un presente di superficialità che entra prepotentemente nei testi, tra chat e skyline metropolitane che allontanano l’individuo dal proprio centro più ancestrale e pulsante.
Echi letterari e citazioni musicali sono più che esplicitate. Ginestre leopardiane e sepolcri foscoliani, Montale e Apocalissi che annunciano rinascite, mixate al consueto pop d’autore della band ed aperte ad incursioni musicali strutturate, da Wagner a Mahler al progressive, dai barocchismi alle soundtracks dei b-movies italiani anni Settanta, complice l’abile mano del geniale Gabrielli. Con il vezzo di una canzone in romanesco, Conta’ l’inverni, che in un album dalla struttura difficile e complessa trova una sua anomala ma perfetta collocazione. Detrattori o meno, è impossibile non riconoscere ai Baustelle una cifra personalissima che nasce dall’uso sapiente di un universo letterario e musicale rimescolato e fatto proprio. Che può a volte infastidire per una certa esibita solennità ieratica oppure catturare per originalità e una innegabile fedeltà a se stessi. Certo è che questo si presenta come uno dei lavori più ambiziosi, con tanto di titoli di testa e coda a confezionare l’album quasi si trattasse di un film per musica e testo, una complessa partitura. Con un omaggio, sul finale al compositore Olivier Messiaen, uno dei fantasmi più affascinanti dell’intero album, che internato in un campo di lavoro, scrisse il Quatuor pour la fin du temps, che eseguì nello spiazzale gelato della prigione con strumenti musicali di fortuna. Inno alla resistenza della bellezza, e alla bellezza della resistenza, nonostante tutto.
Tutte le informazioni su orari e biglietti si possono trovare sul sito www.teatroeuropa.it