Da un lato la famiglia dei petrolieri incassa milioni di euro all'anno in emolumenti, dall'altra i risparmiatori restano all'asciutto. E i nerazzurri sperano ancora nel sogno cinese
Poco importa che si tratti dell’Inter o della Saras. I Moratti vincono sempre. Se infatti da un lato tentano di fare entrare nuovi soci cinesi per ripianare le perdite, mantenendo il controllo della squadra nerazzurra, dall’altra, nelle raffinerie, beneficiano ancora di una liquidità da un miliardo e settecento milioni frutto del collocamento in Borsa di Saras avvenuto nel 2006, a 6 euro per azione, l’85% in piu’ di quanto la società valga oggi sul mercato (0,89 euro le quotazioni attuali). Per non parlare poi dei lauti incassi per gli incarichi nel cda del gruppo di raffinazione.
Denari certi anche quando il business non va. Solo con le poltrone di presidente e amministratore delegato in Saras, di cui la holding Angelo Moratti sapa ha il 62,46%, Gian Marco e Massimo Moratti si sono spartiti, nel 2011, ben cinque milioni di euro. Poi c’è stato poco meno di 1 milione finito nelle tasche del vicepresidente Angelo Moratti, figlio di Gianmarco e dell’ex sindaco di Milano Letizia Brichetto Arnaboldi Moratti, e poco meno di 400mila euro fra i due non esecutivi Gabriele e Angelo Mario. In totale nelle tasche di famiglia, senza staccare cedole, sono andati solo per gli incarichi 6,4 milioni, pari all’11% dell’utile dell’intera Saras nel 2011. Difficile dire se le cose andranno diversamente nel 2012 con le raffinerie in perdita per 90 milioni nonostante un giro d’affari in lieve crescita (+8%) per via della “contrazione del settore raffinazione, che ha realizzato un margine inferiore rispetto all’esercizio 2011”, come spiega la nota sull’ultimo bilancio.
Colpa insomma della cattiva intonazione del mercato che pure, a fasi alterne, premia il titolo in Borsa. A cavallo fra novembre e dicembre 2012, ad esempio, quando circolavano indiscrezioni su un possibile interesse russo per l’azienda dei Moratti, le azioni Saras hanno recuperato il 19 per cento. Salvo poi rimangiarsi progressivamente tutto dopo che si è saputo che si trattava solo di una commessa, sia pure importante, da parte della russa Rosneft. Forse gli investitori si attendevano di più? Possibile: “Sono diversi gli addetti ai lavori che pensano che l’accordo potrebbe trasferirsi su un piano azionario, con l’ingresso dei russi direttamente nella compagine di Saras”, solleticava la fantasia del mercato Il Sole 24 Ore del primo marzo scorso.
Speravano in meglio anche i tifosi dell’Inter che, nell’agosto dello scorso anno, hanno fatto buon viso a cattivo gioco quando è stato annunciato l’ingresso di investitori cinesi nel capitale F.C. Internazionale spa, che controlla la Internazionale Holding srl. Un affare che sembrava ormai cosa fatta con un incasso da 55 milioni di euro per i Moratti che avrebbero ceduto agli investitori asiatici il 15% della squadra nerazzurra, ma che poi ha subito dei rallentamenti nonostante l’interesse della China Railway Construction Corporation a partecipare, con un’intesa a latere della cessione della quota dell’Inter, alla realizzazione del nuovo stadio nerazzurro. Pare che a Pechino qualcuno si sia accorto che il calcio italiano non sia poi un business così fiorente e che c’è il rischio concreto di dover ripianare pro-quota ogni anno le perdite del club. Una questione con cui è costretto a fare i conti anche Marco Tronchetti Provera che, nel bilancio 2012 della sua Pirelli, ha dovuto registrare una perdita di valore da 6,7 milioni per la propria partecipazione nella squadra. Del resto, lo scorso anno, l’Inter ha chiuso il bilancio in rosso per 77 milioni, più di tre volte i suoi ricavi (23 milioni), ma in miglioramento rispetto alla perdita di 86 milioni dell’esercizio precedente.
Tronchetti Provera, d’altro canto, non può lamentarsi troppo. Innanzitutto perché l’Inter è una passione, ma poi anche perché Massimo Moratti è uno dei soci storici della sua Camfin, la holding, controllata a sua volta da Gpi, con cui l’ex numero uno della Telecom gestisce le partecipazioni nelle gomme Pirelli e nel mattone di Prelios. Moratti è stato un alleato insostituibile nella battaglia contro Vittorio Malacalza, socio anche lui della Gpi, fortemente critico nei confronti della gestione del gruppo. Una guerra senza esclusione di colpi che ha costretto Tronchetti Provera a trovare 40 milioni di denari freschi per tenere la posizione. Ma che ha fatto bene al titolo Camfin in Borsa che, dall’inizio delle schermaglie a luglio ha guadagnato circa il 200% in Borsa. “Non ne capisco molto di Borsa”, aveva dichiarato il 13 febbraio 2010 Massimo Moratti davanti al pm di Milano Luigi Orsi nell’indagine, poi finita con l’archiviazione, sull’Ipo gonfiata di Saras. Eppure con le società quotate i Moratti di soldi ne fanno proprio tanti.