Pare che butti molto male in zona Procura della Repubblica di Pescara. Il processo a Ottaviano Del Turco, già in parte azzoppato nelle testimonianze dell’accusa si sta sfarinando a seguito delle attività della difesa. Tutti i giornali hanno riportato, seppure non nella dovuta visibilità, che il processo a Ottaviano Del Turco assomiglia sempre più alla storia di un’isola mai trovata. Qualche eccezione si nota e non si sottrae, lo dico con dispiacere, il Fatto Quotidiano.
I soldi, oggetto di corruzione, non si sono mai trovati alla pari dei riscontri che, una indagine dilettantesca, pare avere dimenticato di cercare. La posta in gioco, per i difensori ad oltranza della democrazia, non è di poco conto: la volontà popolare esercitata tramite voto è stato decapitata dalla azione di alcuni magistrati che, in pompa magna ad uso di telecamere, ci avevano ( 2008 ) fatto sapere di avere assicurato alla giustizia l’ennesimo ladrone di Stato e la sua banda.
Io, più delle procure, mi sono sempre fidato delle biografie delle persone e, piaccia o non piaccia, quella di Del Turco era ed è una bella biografia. La milizia girotondina, al contrario, pare innamorarsi delle virtù ontologiche connesse ad un mestiere: quello di magistrato inquirente che magicamente assicura bontà e garanzia nell’agire e giustizia “ giusta “, per il solo fatto di esistere.
Verrà il giorno in cui, pensionato Berlusconi, questo paese dovrà interrogarsi sullo stato della giustizia e sullo stato della stampa. La disgregazione di un paese, del tessuto connettivo di un paese, non nasce solo dalla corruzione di una classe dirigente che abbandona la sfera fisiologica ed entra in quella patologica. Ma anche dalla perseverante tenacia con cui si condanna, senza dubbio, una persona anzitempo. Anche questa, patologia su cui riflettere.
Se si prende come paradigma di una epoca questo processo è facile scoprire i germi che hanno fatto del Pd, partito tremebondo e vigliacco nei confronti di Del Turco, un fantasma informe del passato e del giornalismo, lesto nel condannare e assente nell’informare un mestiere, talvolta, vile.
Sono battaglie perse, quelle su una riforma compiuta della giustizia. Il moralismo imperante, piccolo e bigotto conformismo, di questo paese, ha dato vita ad un effetto paradossale. Invece di dividere i colpevoli dagli innocenti li ha volutamente confusi in un unico giudizio morale condannando tutti per il solo fatto di trovarsi sotto la lente di ingrandimento di un Pubblico Ministero.
Le differenze si stemperano, le azioni si dilatano, la legalità si annacqua. Il migliore servizio ai gaglioffi professionali che hanno imperversato in questi anni è stato loro regalato da questo approccio che permette di nascondersi dietro le tragiche esperienze giudiziarie di chi gaglioffo non è.
Per i custodi della purezza e della moralità, per la genia intellettuale adusa a firmare gli appelli più disparati…. un gran successo.