Da un anno faceva il collaboratore domestico per la famiglia di un medico in pensione a Bologna, in via Alamandini, in pieno centro a poche centinaia di metri da piazza Maggiore. Si faceva chiamare Rene Rondon ed era un angelo coi nipotini che gli davano da guardare. Ma il suo vero nome era Miguel Torres, 42 anni, uno dei 15 uomini più ricercati d’America, arrestato dal Nucleo investigativo dei Carabinieri venerdì mattina intorno alle 11.

Il 12 settembre 2005 a Reading, Pennsilvanya, l’uomo aveva ucciso sua moglie Barbara, 31 anni, sparandole, dopo averla attesa seduto nel sedile posteriore dell’auto della donna, fuori dalla banca dove lavorava. Da allora la latitanza. La Contea di Berks in Pennsilvanya aveva offerto 25 mila dollari a chiunque avesse offerto informazioni utili a trovare l’assassino, che dal 2011 era entrato nella classifica del Most Wanted Fugitives Program del United States Marshals Service.

Torres, che ora è rinchiuso nel carcere della Dozza a Bologna, era stato lasciato da sua moglie Barbara in seguito a delle ripetute violenze domestiche, e così nel giro di poco tempo era partita la sua follia omicida. 

Dopo il delitto la sua vicenda diventa quasi un romanzo: l’uomo arriva infatti nella Repubblica Domenicana e, cambiando nome in Rene Rondon, si sposa con una donna di origine italiana, di 32 anni più vecchia di lui. 

Due anni e mezzo fa Torres, alias Rondon, arriva in Italia: ha un passaporto domenicano e nel frattempo si è lasciato con l’anziana seconda moglie. Per un po’ di tempo non fa niente, ma dopo circa un anno e mezzo arriva nella famiglia di via Alamandini per lavorare come badante. Lì Rondon, che parla perfettamente inglese, spagnolo e italiano, è talmente benvoluto che a lui sono spesso lasciati in custodia i nipotini. Peraltro i documenti di Rene Rondon, compresa una carta di identità italiana, sono genuini e col lavoro arriva anche un regolare permesso di soggiorno.   

Giovedì sera però ai carabinieri di Bologna arriva una telefonata dalle autorità americane. ”A Bologna c’è un pericoloso latitante. Fate attenzione, potrebbe essere armato e avere reazioni violente”. Gli uomini dell’Arma, coordinati dal maggiore Luca Toti, cinturano la casa bolognese venerdì mattina intorno alle 11. Due militari vengono mandati in avanscoperta travestiti da postini. Ad aprire la porta c’è Miguel. Due nei sul viso e una cicatrice sullo zigomo sinistro confermano l’identità. 

Subito l’uomo, che era solo in casa, viene ammanettato senza la minima reazione da parte sua. La famiglia, che al momento dell’arresto era fuori casa, cade dalle nuvole quando i Carabinieri gli comunicano chi avevano in casa. Anzi, lui rimane freddo e dice di essere un cittadino domenicano con un figlio di 2 anni lasciato nell’isola caraibica (che sarebbe nato da un’altra relazione). Ma una volta portato in caserma, nonostante i polpastrelli delle dita della mano siano abrasi, forse bruciati, e nonostante abbia perso 15 chili dal 2005, i carabinieri riescono comunque a comparare le impronte e ogni dubbio viene fugato.

Ora Miguel Torres dovrà subire un processo in Pennsylvania, dove vige ancora la pena di morte anche se non ci sono esecuzioni dal 1999, per omicidio di primo grado. La madre di Barbara, Cathy LeBron, ha espresso tutta la sua gioia in attesa dell’estradizione dell’uomo verso gli Stati Uniti, dove la notizia è stata ribattuta da tutte le principali testate televisive.
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