Quando ho sentito delle candidature di Pietro Grasso al Senato e di Laura Boldrini alla Camera ho istintivamente pensato “E bravo Bersani!” (e, magari, pure “E bravo Vendola!”): hanno tirato fuori due nomi che, a mio giudizio, portano segnali di novità –entrambi alla prima legislatura-, ma che, nel contempo, hanno una loro storia e incarnano valori positivi. Però, fra me e me, trovavo un po’ difficile esprimere in sintesi il perché del favore suscitatomi dentro da Grasso e dalla Boldrini.

Poi, ho sentito alla radio Fabrizio Cicchitto, capogruppo uscente del Pdl alla Camera, uno di quei politici italiani –e sono molti- che hanno traversato nel tempo gran parte dell’arco politico, inseguendo il potere da sinistra a destra (io, giovane cronista, lo conobbi socialista lombardiano), Cicchitto spiegava perché Grasso e la Boldrini sono scelte negative e, comunque, non condivisibili dal Pdl.

Con la sintesi di cui lui, ormai allenato ai ‘sound bites’ radiofonici e televisivi, è maestro, Cicchitto ha bocciato Grasso perché è un simbolo “giustizialista” e la Boldrini perché è l’espressione di “un estremismo terzomondista”. Grazie, Fabrizio: mi hai fatto chiarezza!, due formulette e mi è stato tutto nitido. 

Grasso, dal 2005 fino alla candidatura al Senato procuratore generale antimafia, significa attenzione e rispetto per la giustizia e per l’impegno di chi lotta contro la criminalità organizzata. E la Boldrini, che è stata portavoce dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, testimonia –e lo ha fatto pure in momenti ostici- la capacità di opporre sentimenti e atteggiamenti d’umanità e di solidarietà alle fobie xenofobe che talvolta attraversano l’opinione pubblica.

E poi si dice che i ‘vecchi tromboni’ vanno rottamati! Invece, possono ancora servire a vederci giusto. Purché, poi, non vada a finire come dicono loro…

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