“Siamo in una situazione di estrema emergenza come non accadeva dall’invasione turca del 1974. Sono le parole con cui si è ufficialmente insediato il presidente della Repubblica di Cipro, Nikos Anastasiadis e che precedono il voto decisivo del parlamento di Nicosia sulla proposta di salvataggio europeo che prevede un prelievo forzoso sui conti correnti dell’isola. Una votazione talmente in bilico che è stata rinviata a domani rispetto alla convocazione iniziale fissata per oggi pomeriggio. Tutto per dare ai due centri studi il tempo di valutare misure alternative per non non alterare gli equilibri con gli amici russi che sull’isola hanno depositi milionari.
Alla riunione di questa mattina con i leader politici presenti anche degli emissari della russa Gazprom, che secondo alcune fonti giornalistiche locali sarebbero intervenuti proprio per compensare alcuni correntisti con azioni di aziende che investono nelle copiose risorse minerarie del sottosuolo marino. Ma è un passaggio nebuloso sul quale si stanno concentrando le trattative proprio in queste ore febbrili. I russi cercano di costruire e gestire il terminal e il gas nella Zona economica esclusiva (ZEE) dell’isola. Nel corso dei colloqui intensissimi sembra che un rappresentante di Gazprom abbia proposto la costruzione e la manutenzione del terminale in località Episkopi, vicino al porto di Limassol e lo sfruttamento di parti del territori che rientrano nella ZEE. Il problema però è che, secondo i regolamenti dell’Unione Europea, queste porzioni di territorio devono essere messe in una sorta di appalto internazionale per ragioni di trasparenza. In particolare per alcuni terreni vi sono procedimenti in corso, ma sorprendentemente l’attività dei russi si è particolarmente intensificata nelle ultime 24 ore.
Per questo gli inviati della Bce e di Gazprom seguiranno personalmente da Nicosia l’evoluzione delle cose. Si sta svolgendo appunto un colloquio tra il ministro delle Finanze cipriota e il suo omologo russo giunto sull’isola. E intanto a Madrid il governo spagnolo tenta di rassicurare i proprio cittadini sul fatto che il caso Cipro è unico e non sarà replicato altrove, scoprendo il vero nervo della questione: ovvero che la mossa a Cipro potrebbe essere applicata agli altri Paesi Piigs, innescando una reazione a catena di panico tra cittadini, imprese e investitori.
Per l’adozione delle misure sono necessari 29 voti su un totale di 56 membri, ma il partito Desy del premier con i suoi 20 deputati ha comunque necessità di un alleato e spera di essere sostenuto dai centristi. Hanno già manifestato il voto contrario il partito di sinistra dell’Akel e il Movimento ecologista. I primi sostengono, per bocca del segretario generale Andros Kyprianou, che rifiutano l’accordo perché non viene considerato il punto di vista del popolo cipriota e perché ritengono che il taglio sarebbe disastroso per l’economia dell’isola: “Non solo la misura non aiuta a superare i problemi, ma produrrà maggiore depressione economica”. Annunciando che in queste ore il centro studi del partito sta approntando una proposta alternativa da presentare al presidente della Repubblica e ai partiti parlamentari. Il nodo è se la proposta sarà basata sulla logica che il buco finanziario può o meno essere chiuso internamente senza l’intervento della Troika. Aggiungendo che la protesta popolare non potrà che aumentare se le decisioni saranno prese a porte chiuse e senza un confronto diretto anche con i cittadini. E che l’isola è pronta a mobilitarsi spontaneamente davanti al parlamento.
Sul tavolo una proposta per una tassa sui depositi: fino a 100.000 euro il 3%, da 100 a 500.000 del 10%, oltre 500.000 al 12,5%. Il presidente della Repubblica ha sostenuto le ragioni del sì al piano in cinque punti: il contributo proposto è limitato ai tassi di interesse dei depositanti che non superano i due anni e ogni contributo sarà unico; ogni contributo non è una perdita finale per i depositanti, in quanto in cambio avranno titoli azionari; lo Stato, riconoscendo i suoi obblighi, offre ai depositanti per un periodo di due anni la metà del valore del loro contributo in obbligazioni, associate a future entrate statali di gas naturale; nella misura si conservano intoccati i fondi pensione per evitare di prendere altre misure dure in futuro come tagli salariali e pensionistici.
“Il sentimento popolare potrebbe finire in prigione”. Con queste parole il capo della chiesa cipriota, l’arcivescovo Christostomo II, commenta gli sviluppi successivi alla decisione dell’Eurogruppo. E ha detto che “sarebbe sbagliato fare un accordo e sbagliato tornare indietro, non possiamo, e non dobbiamo”. Aggiungendo che “il governo dovrebbe dare titoli di Stato, da cinque a dieci anni, e quando troverà il gas usarlo per far ripartire i mercati e così rimborsare i depositanti”. Augurandosi che i responsabili del crac paghino con il carcere, come richiesto dal sentimento popolare. E ha parlato di “bassezza degli europei” così come aveva fatto anche il Financial Times che ha scritto: “Su Cipro tradimento dell’Europa”. Pochi giorni fa Chrisostomo II aveva chiesto l’uscita dell’isola dalla moneta unica.
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