Il sostituto procuratore, Roberto Ceroni, ha concluso un lavoro durato quattro anni sui decessi di almeno 30 lavoratori dell'Anic - EniChem. Molti degli indagati sono ormai morti e il rinvio a giudizio sarà richiesto probabilmente solo per 25 dirigenti
Anche la Romagna avrà presto il suo processo per le morti causate dall’amianto. Il sostituto procuratore della Repubblica di Ravenna, Roberto Ceroni ha infatti concluso le indagini durate quattro anni sui decessi di almeno 30 lavoratori del petrolchimico Anic (poi EniChem) della città. Tra le 50 persone sotto inchiesta per omicidio colposo plurimo i vertici dell’azienda di proprietà dell’Eni, che tra il 1956, anno di insediamento dell’azienda e il 1992, quando l’amianto diventa fuorilegge, diressero lo stabilimento ravennate. Molte delle persone indagate sono ormai morte anch’esse e il rinvio a giudizio sarà richiesto probabilmente solo per 25 dirigenti.
Comunque sarà un vero e proprio maxi-processo. Il lavoro della procura era partito nel 2009 quando un rapporto INAIL aveva segnalato come, a causa delle fibre di eternit, si potevano contare nel capoluogo romagnolo almeno 160 casi di decessi. Da qui la decisione dei magistrati di iniziare un’indagine come stava avvenendo in molte altre parti d’Italia.
Per prima cosa il pm Ceroni ha ricercato tutti i dipendenti Anic Enichem che potevano essere stati a contatto con la sostanza killer, risalendo anche a chi potessero essere i dirigenti dell’azienda nel momento del contatto con le fibre letali. Ma di amianto, il cui periodo di latenza è mediamente 30-40 anni, si muore ancora. Per questo motivo la procura ha scelto, per i decessi degli ultimi anni, di fare eseguire delle autopsie quando le persone morte erano dei lavoratori del petrolchimico. La procura aveva infatti allertato gli ospedali e al minimo caso sospetto il pm ordinava l’autopsia.
La vicenda che più ha fatto parlare a questo riguardo è quella di Loris Cimatti, 64 anni, per 30 anni manutentore nello stabilimento di via Baiona, morto nel Natale 2011 per un mesotelioma pleurico dopo un anno dai primi malori. La autopsia parlerebbe chiaro: la quantità di fibre di amianto presente nei suoi polmoni era ancora elevata, come se fosse stato esposto alle fibre fino a poco tempo fa, nonostante l’uomo fosse in pensione da almeno un decennio.
I magistrati durante la gigantesca indagine hanno sentito un centinaio di persone informate sui fatti. Alla fine, dei 156 decessi segnalati dall’INAIL nel suo rapporto, la pubblica accusa chiederà probabilmente il processo solo per trenta morti. Scartati i casi in cui dove non c’era una evidenza di correlazione certa tra la morte e l’esposizione ad amianto. Di questi trenta inoltre, diversi casi sono già andati in prescrizione, che per l’omicidio colposo è di 12 anni.
L’amianto a Ravenna coibentava molti dei macchinari che gli operai utilizzavano durante le loro giornate di lavoro. I manutentori in particolare erano i più esposti. Proprio in questi giorni si attende la sentenza in appello a Torino. Nel processo Eternit, il più importante sulla questione dell’amianto, il pm di Torino Raffaele Guariniello ha chiesto una condanna a vent’anni per i due imputati, il magnate elvetico Stephan Schmidheiny e il barone belga Louis De Cartier, ex alti dirigenti della società.