La Procura di Milano aveva chiesto di respingere l'istanza di legittimo impedimento. Il procuratore aggiunto: "La richiesta è un oltraggio per la corte" .Intanto a Napoli i legali hanno depositato una memoria per chiedere al Gip di Napoli, Marina Cimma, di sentire Berlusconi e di non accettare la richiesta di giudizio immediato per lui prima della convocazione dell'ex premier
E’ stato nuovamente accolto il legittimo impedimento. I giudici di Milano hanno quindi rinviato l’udienza al 25 marzo, cancellate anche le date del 20 e del 21 marzo. Il collegio presieduto da Giulia Turri non ha invece riconosciuto come legittimo l’impedimento per i legali del Cavaliere sottolineando che “non è stata fornita nessuna prova, né le ragioni” perché i sostituti processuali non fossero in aula.
La richiesta di rinviare l’udienza da parte di Silvio Berlusconi e dei suoi avvocati e quindi bloccare ancora una volta la requisitoria “in un altro Paese sarebbe un oltraggio, vilipendio e disprezzo per la corte e lo è anche qui. Chiedo che il processo vada avanti” aveva detto il procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini chiedendo la respingere istanza di legittimo impedimento dell’ex premier e dei suoi legali. Il Cavaliere è stato dimesso venerdì dall’ospedale San Raffaele dopo una settimana di ricovero e sabato ha votato solo alla quarta votazione per l’elezione del presidente del Senato. Eppure sabato mattina i giudici erano stati “costretti” a riconoscere il legittimo impedimento nel processo d’appello Mediaset. Era stato invece respinto il legittimo impedimento per i difensori che sono entrambi parlamentari.
In apertura dell’udienza, il sostituto processuale di Piero Longo e Niccolò Ghedini, l’avvocato Alessandra Merenda, si era richiamata all’istanza di legittimo impedimento presentata dalla difesa dell’ex premier nella cancelleria del Tribunale già sabato scorso nella quale si fa riferimento al fatto che il senatore Longo, il deputato Ghedini e lo stesso Berlusconi sono impegnati a Roma nelle riunioni parlamentari per l’elezione dei capigruppo del Pdl alla Camera e al Senato. Per Berlusconi, secondo Boccassini, questo “potrebbe essere un legittimo impedimento ma non è assoluto”, mentre per quanto riguarda l’assenza degli avvocati e dei loro sostituti processuali, gli avvocati Giorgio Perroni e Filippo Dinacci che hanno seguito molte udienze del processo, “pur essendoci un calendario fissato da mesi, si consente solo in questo processo, con imputato Silvio Berlusconi, che si possa dire che Perroni e Dinacci sono altrimenti impegnati”, senza circostanziare meglio la loro assenza. Anche oggi la Procura non potrà concludere la requisitoria con la richiesta di pena per Silvio Berlusconi. La prima parte era stata iniziata dal pm Antonio Sangermano il 4 marzo scorso.
“I toni e i modi utilizzati dalla dottoressa Boccassini stamani in udienza nel processo cosiddetto Ruby, sono davvero inaccettabili e dovranno trovare compiuta valutazione nelle sedi opportune” scrivono in un comunicato i legali di Silvio Berlusconi, Niccolo’ Ghedini e Piero Longo, accusati di “oltraggio e disprezzo” nei confronti dei giudici dalla Boccassini. “Comunque tale atteggiamento – proseguono – dimostra ancor più, se ve ne fosse bisogno, l’assoluta impossibilità di affrontare serenamente quel processo a Milano”.
Intanto a Napoli i legali di Silvio Berlusconi hanno depositato una memoria per chiedere al Gip di Napoli, Marina Cimma, di sentire Berlusconi e di non accettare la richiesta di giudizio immediato per lui prima della convocazione dell’ex premier. Il codice prevede che la Procura possa chiedere il giudizio immediato, saltando così l’udienza preliminare, solo dopo avere sentito l’imputato. I pm napoletani ritengono di aver assolto questo onere, convocando Berlusconi con ben tre date diverse. Il leader Pdl non si era presentato a nessuno dei tre appuntamenti (5,7 e 9 marzo) e aveva chiesto un rinvio a dopo il 15 marzo, negato dai magistrati napoletani che hanno presentato ugualmente la richiesta. A questo punto se il Gip Cimma, desse ragione ai legali del Cavaliere, ritenendo legittimo l’impedimento di B., salterebbe del tutto il giudizio immediato, perché i termini della Procura per chiederlo, scadono 90 giorni dopo l’iscrizione sul registro degli indagati.