«Prostituta, meretrice, passeggiatrice, peripatetica, stradaiola, lucciola, donna di malaffare, donnaccia, puttana, sgualdrina, battona, cortigiana, etero, squillo»: per una donna che vende prestazioni sessuali le definizioni, anche di fantasia, non mancano. Chi le compra, invece, è un anonimo cliente: indefinito, opaco, indifferenziato.
Chi sono, in realtà, gli uomini che frequentano le prostitute? E per quali ragioni lo fanno? Risponde a queste domande un libro-inchiesta di Giorgia Serughetti, “Uomini che pagano le donne“ (Ediesse editore). Un viaggio in un mondo “irriducibilmente plurale”, dove “coesistono costrizione e libera scelta, inganno e consapevolezza, miseria e agio”.
Nove milioni di prestazioni, circa due milioni e mezzo di frequentatori: questi sono i numeri stimati (essendo la prostituzione per lo più clandestina). Circa l’8,7 per cento degli uomini intervistati dal Censis – nel pur lontano 2001 – ammetteva di aver pagato per fare sesso, mentre il trenta per cento degli uomini in generale ritiene accettabile andare con una prostituta (il doppio delle donne). Non esiste però – questo è uno dei tanti luoghi comuni che il libro smantella – un identikit del cliente tipo. Giovani e vecchi, colti o meno colti, esploratori o compulsivi: la prostituzione è trasversale a classi sociali e stili di vita.
La ricerca smonta soprattutto un altro stereotipo diffuso, comune sia ai tradizionalisti che oppongono escort e donna virtuosa, sia ad alcune visioni femministe (sfociate nel modello svedese che punisce i clienti): l’idea secondo cui la prostituzione è solo una forma di sfruttamento della donna e di violazione dei diritti umani. Ma le cose sono molto complesse, come spiega l’autrice (che pure non sposa nessun giudizio sul fenomeno, neanche quello di chi ritiene, da un punto di vista liberale, che vendere il proprio corpo sia invece una forma radicale di autodeterminazione della donna): perché la prostituzione continua a esistere anche in società dove le donne sono emancipate. Perché mentre da un lato «il sesso non affettivo, mercenario, viene stigmatizzato e patologizzato, dall’altra il consumo sessuale è stimolato in forme sempre più pervasive dal mercato». Perché a fare la differenza tra morale e immorale non è, come potrebbe sembrare, il fatto che ci sia del mezzo il denaro, visto che, dice Giorgia Serughetti, molte delle prestazioni che noi consideriamo benigne e terapeutiche passano attraverso i soldi (massaggi, psicoterapia etc).
Ancora più difficile dare un giudizio e una lettura unilaterale del fenomeno se si analizzano, come fa l’autrice, le motivazioni degli uomini che frequentano prostitute outdoor o indoor (poco meno della metà di quelle su strada). A spingerli, raccontano, non è solo il bisogno di controllo e di potere, ma anche il desiderio di riconoscimento e persino una spinta a cambiare i rapporto sociali in direzione più egualitaria (accedendo a donne belle, di solito appannaggio di ricche élite). Non c’è solo sessualità fallica e tradizionale, insomma, ma anche romanticismo e autenticità.
In questa prospettiva, dunque, cambia il punto di vista sul cliente, che non può essere rapidamente liquidato come simbolo di un sistema di dominazione maschile, o “figura emblematica della crisi dei modelli tradizionali di identificazione maschile”. L’appartamento di una prostituta, scrive l’autrice, può divenire anche “il luogo di un’esperienza non oppressiva, vissuta nel rispetto dell’alterità e capace di accrescere il senso di pienezza fisica e mentale degli attori coinvolti”. A patto, però, che quel desiderio sessuale guarisca da alcune logiche, come la “reiterazione infinita e compulsiva, la presunzione di onnipotenza, l’eterodirezione, l’omologazione, cioè impoverimento, insoddisfazione, tristezza, dipendenza”. Aspetti che però, a ben guardare, spesso pervadono anche i rapporti tradizionali, esattamente come quelli a pagamento.
Passate parola
Prostituzione, viaggio nel mondo dove “coesistono costrizione e libera scelta”
"Uomini che pagano le donne" (Ediesse editore) è il libro-inchiesta di Giorgia Serughetti. Un'indagine sull'identità dei due milioni e mezzo di clienti e sulle motivazioni che li spingono a comprare prestazioni sessuali all'interno di un contesto "irriducibilmente plurale" in cui il fenomeno è sviscerato oltre i concetti di sfruttamento della donna e di violazione dei diritti umani
«Prostituta, meretrice, passeggiatrice, peripatetica, stradaiola, lucciola, donna di malaffare, donnaccia, puttana, sgualdrina, battona, cortigiana, etero, squillo»: per una donna che vende prestazioni sessuali le definizioni, anche di fantasia, non mancano. Chi le compra, invece, è un anonimo cliente: indefinito, opaco, indifferenziato.
Chi sono, in realtà, gli uomini che frequentano le prostitute? E per quali ragioni lo fanno? Risponde a queste domande un libro-inchiesta di Giorgia Serughetti, “Uomini che pagano le donne“ (Ediesse editore). Un viaggio in un mondo “irriducibilmente plurale”, dove “coesistono costrizione e libera scelta, inganno e consapevolezza, miseria e agio”.
Nove milioni di prestazioni, circa due milioni e mezzo di frequentatori: questi sono i numeri stimati (essendo la prostituzione per lo più clandestina). Circa l’8,7 per cento degli uomini intervistati dal Censis – nel pur lontano 2001 – ammetteva di aver pagato per fare sesso, mentre il trenta per cento degli uomini in generale ritiene accettabile andare con una prostituta (il doppio delle donne). Non esiste però – questo è uno dei tanti luoghi comuni che il libro smantella – un identikit del cliente tipo. Giovani e vecchi, colti o meno colti, esploratori o compulsivi: la prostituzione è trasversale a classi sociali e stili di vita.
La ricerca smonta soprattutto un altro stereotipo diffuso, comune sia ai tradizionalisti che oppongono escort e donna virtuosa, sia ad alcune visioni femministe (sfociate nel modello svedese che punisce i clienti): l’idea secondo cui la prostituzione è solo una forma di sfruttamento della donna e di violazione dei diritti umani. Ma le cose sono molto complesse, come spiega l’autrice (che pure non sposa nessun giudizio sul fenomeno, neanche quello di chi ritiene, da un punto di vista liberale, che vendere il proprio corpo sia invece una forma radicale di autodeterminazione della donna): perché la prostituzione continua a esistere anche in società dove le donne sono emancipate. Perché mentre da un lato «il sesso non affettivo, mercenario, viene stigmatizzato e patologizzato, dall’altra il consumo sessuale è stimolato in forme sempre più pervasive dal mercato». Perché a fare la differenza tra morale e immorale non è, come potrebbe sembrare, il fatto che ci sia del mezzo il denaro, visto che, dice Giorgia Serughetti, molte delle prestazioni che noi consideriamo benigne e terapeutiche passano attraverso i soldi (massaggi, psicoterapia etc).
Ancora più difficile dare un giudizio e una lettura unilaterale del fenomeno se si analizzano, come fa l’autrice, le motivazioni degli uomini che frequentano prostitute outdoor o indoor (poco meno della metà di quelle su strada). A spingerli, raccontano, non è solo il bisogno di controllo e di potere, ma anche il desiderio di riconoscimento e persino una spinta a cambiare i rapporto sociali in direzione più egualitaria (accedendo a donne belle, di solito appannaggio di ricche élite). Non c’è solo sessualità fallica e tradizionale, insomma, ma anche romanticismo e autenticità.
In questa prospettiva, dunque, cambia il punto di vista sul cliente, che non può essere rapidamente liquidato come simbolo di un sistema di dominazione maschile, o “figura emblematica della crisi dei modelli tradizionali di identificazione maschile”. L’appartamento di una prostituta, scrive l’autrice, può divenire anche “il luogo di un’esperienza non oppressiva, vissuta nel rispetto dell’alterità e capace di accrescere il senso di pienezza fisica e mentale degli attori coinvolti”. A patto, però, che quel desiderio sessuale guarisca da alcune logiche, come la “reiterazione infinita e compulsiva, la presunzione di onnipotenza, l’eterodirezione, l’omologazione, cioè impoverimento, insoddisfazione, tristezza, dipendenza”. Aspetti che però, a ben guardare, spesso pervadono anche i rapporti tradizionali, esattamente come quelli a pagamento.
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Civitavecchia, 20 gen. - (Adnkronos) - Procedono spediti i lavori di realizzazione del prolungamento dell'antemurale Cristoforo Colombo che vedrà la diga foranea del Porto di Civitavecchia estendersi per ulteriori 400 metri in direzione nord ovest.
Sono in corso i lavori di realizzazione dello scanno di imbasamento (dove poggeranno i cassoni in calcestruzzo) con lo sversamento in mare del nucleo della scogliera costituita da massi di pezzatura ricompresa tra i 5 e i 1000 Kg. A breve verrà avviata la prefabbricazione dei cassoni in cls costituenti il corpo centrale della diga foranea di dimensioni 40x28x25 m.
"Tengo a sottolineare - dichiara il presidente dell'AdSP Pino Musolino - che stiamo rispettando tutti i tempi programmati per realizzare opere che doteranno il porto di Civitavecchia di infrastrutture adeguate e compatibili per il rilancio del settore portuale, con un occhio sempre attento alla transizione ecologica, alla sostenibilità e all'impatto ambientale".
Palermo, 20 gen. (Adnkronos) - "Qual è il suo sogno quando era piccolo?". "Questa è una domanda interessante, perché i sogni cambiano nel corso della vita, con l'età. Quando ero piccolo mi sarebbe piaciuto fare il medico, poi ho cambiato idea. Quando si è a scuola, crescendo, si studia un po' tutto. C'è un momento in cui bisogna scegliere cosa fare. Alla fine ho scelto il diritto, la legge". Così il Capo dello Stato Sergio Mattarella rispondendo ai bambini della scuola de Amicis di Palermo. "Non ho mai sognato di fare il calciatore perché non ero per niente bravo", ha aggiunto sorridendo.
Palermo, 20 gen. (Adnkronos) - "C'è molto di buono in questo paese, e questo mi conforta sempre". Così il Presidente della repubblica Sergio Mattarella ai bambini della scuola de Amicis di Palermo. "La fatica viene cancellate dal vedere cose buone che si vedono in Italia", ha detto.
Palermo, 20 gen. (Adnkronos) - "Le piacerebbe fare un altro lavoro?". Questa è stata a prima domanda rivolta dagli alunni della scuola de Amicis di Palermo al Capo dello Stato Sergio Mattarella, in visita a sorpresa questa mattina nel plesso. "Io sono vecchio - ha risposto - il mio lavoro non è quello che faccio adesso, il mio lavoro abituale era quello di insegnare Diritto costituzionale all'Università, ma ormai non lo faccio più da tempo. Questo impegno che svolgo ora non è un lavoro, è un impegno per la nostra comunità nazionale. E' faticoso, però è interessante perché consente di stare in contatto con la nostra società, con tutti i cittadini di ogni origine, ed è una cosa di estremo interesse".
Palermo, 20 gen. (Adnkronos) - "La musica, così come le iniziative sui libri, la cultura, sono il veicolo della vita, della convivenza, dell'apertura, della crescita personale e collettiva. E' quello che state facendo in questa scuola. Per me è davvero un motivo di soddisfazione essere qui e farvi i complimenti". Così il Capo dello Stato Sergio Mattarella incontrando i bambini della scuola De Amicis. Nel novembre scorso i bimbi della quinta C furono insultati mentre si esibivano davanti alla Feltrinelli, vestiti con abiti tradizionali africani. "Io ogni anno vado in una scuola per l'apertura dell'anno scolastico, ma non è frequente che vada in altre occasioni. Sono lietissimo di essere qui questa mattina- dice Mattarella- E ringraziarvi per quello che fate. Ringrazio i vostri insegnanti per quello che vi trasmettono e per come vi guidano nell'accrescimento culturale".
Palermo, 20 gen. (Adnkronos) - "Voi siete una scuola che con la cultura, la musica, la lettura, e altre iniziative di crescita culturale, esprime i valori veri della convivenza nel nostro paese e nel mondo, che sempre è più unito, connesso, sempre più senza confini. Ed è una ricchezza crescere insieme, scambiarsi opinioni e abitudini, idee, ascoltare gli altri. fa crescere e voi lo state facendo, per questo complimenti". Così il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella si è rivolto ai bambini della scuola De Amicis di Palermo. Nel novembre scorso i bimbi della quinta c, molti dei quali di origini africane, furono insultati per strada mentre si esibivano in uno spettacolo vestiti con abiti tradizionali. "Cercate di trovare la vostra strada secondo le vostre inclinazioni, auguri a tutti voi e complimenti", ha aggiunto. "Sono lietissimo di incontrarvi in questo auditorium che ci accoglie, ragazzi. Ringrazio la dirigente scolastica e i collaboratori, gli insegnanti e li ringrazio per quanto fanno. Voglio fare i complimenti a voi, siete bravissimi. Avete eseguito magistralmente questi due pezzi", ha detto ancora il Capo dello Stato parlando ai ragazzi che si sono esibiti in un breve concerto. "Non è facile con tanti strumenti ad arco, a fiato, a percussione. Complimenti ai vostri insegnanti e a voi".
Palermo, 20 gen. (Adnkronos) - “Vivere insieme, dialogare fa crescere. Rivolgo un sentito grazie ai vostri insegnanti. Insegnare è un’impresa difficile ma esaltante”. Lo ha detto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, rivolgendosi agli alunni della scuola De Amicis-Da Vinci di Palermo dove si è recato a sorpresa questa mattina. I bambini, lo scorso novembre, furono insultati con epiteti razzisti davanti alla Feltrinelli di Palermo, dove si erano esibiti in uno spettacolo tradizionale. Molti dei bimbi della 5 c, visitata oggi da Mattarella, sono di origini africane. Oggi, tutt’altro che imbarazzati dalla presenza dell’ospite illustre, perché la visita è stata tenuta segreta dalla dirigente scolastica Giovanna Genco, i bambini hanno rivolto al Presidente alcune domande, consegnandogli dei doni. Sulla lavagna di classe spiccava un grande tricolore.
I bambini hanno poi scortato il presidente nell’aula magna dove l’orchestra dei ragazzi delle classi della secondaria ha suonato due brani di Giuseppe Verdi, il coro delle Zingarelle dalla Traviata e il 'Va, pensiero' dal Nabucco.