Dal ministro del bilancio alla Lagarde, anche dopo il via dell'era Hollande, gli affaires continuano a non guardare in faccia nessuno a Parigi. Come ai tempi di Sarkozy
Oggi la destra. Ieri la sinistra. E’ proprio così: oggi a Parigi le perquisizioni a casa di Christine Lagarde, ex ministro di Nicolas Sarkozy, per la brutta storia dei risarcimenti milionari a Bernard Tapie, spina nel fianco dell’attuale direttore generale del Fondo monetario internazionale. E il giorno prima le dimissioni del socialista Jérome Cahuzac, ormai ex ministro del Bilancio, travolto dalle accuse di evasione fiscale verso comodi paradisi off-shore. Gli “affaires”, come si chiamano da queste parti, non guardano in faccia nessuno in Francia.
Durante la campagna elettorale di François Hollande, la sinistra aveva puntato molto sull’argomento: con noi finirà l’epoca dei raggiri, dei soldi facili, degli amici degli amici. A dire il vero, non è che i socialisti fossero stati esenti in precedenza dagli scandali. All’epoca della Tangentopoli francese, oltre dieci anni fa, l’allora giudice d’assalto Eva Joly se la prese in particolare con Roland Dumas, già ministro degli Esteri, esponente del Ps, un tempo vicinissimo a François Mitterrand. Senza dimenticare lo scandalo Dominique Strauss-Kahn, l’ex direttore generale dell’Fmi, destinato a candidarsi per i socialisti alle presidenziali francesi. E stoppato nella corsa dalla nota vicenda del Sofitel, la violenza sessuale perpetrata nei confronti di un’inserviente dell’albergo di New York nel maggio 2011. Si dirà: non ci sono tangenti di mezzo. Ma in seguito è stato coinvolto anche dall’affaire Carlton, altro hotel, quello di Lilla. Il procedimento è ancora in corso e riguarda un giro di prostituzione al quale partecipava Dsk con uomini del business a caccia di appalti pubblici. Sesso e soldi, una trama già vista.
Al momento delle presidenziali, però, Hollande prese le distanze da Strauss-Khan. E il leader socialista ha vinto anche grazie a una supposta “volontà di pulizia” dopo l’era Sarkozy, l’uomo legato ai poteri forti, prima di tutto quelli dell’economia. L’affaire che più ne ha segnato l’immagine in maniera negativa è stato quello Bettencourt. Stiamo parlando di Liliane Bettencourt, la donna più ricca di Francia, proprietaria del colosso dei cosmetici L’Oréal. Per anni l’anziana signora sarebbe stata oggetto di “circonvenzione d’incapace” da parte del suo entourage per strappare finanziamenti a vantaggio di Sarkozy, suo conoscente da tanti anni, e per il suo partito. Un’istruttoria è ancora in corso, da parte della Procura di Bordeaux (alla quale l’inchiesta è stata trasferita da Nanterre: una storia complessa e interminabile). Ma, comunque vada (sembra che almeno Sarkozy riuscirà a scampare il processo, anche se non alcuni dei suoi collaboratori), l’opinione pubblica francese è stata segnata da intercettazioni, apparse nei media, che indicano come per anni la miliardaria sia stata ostaggio di personaggi a più livelli legati all’ex Presidente.
Lo abbiamo visto, Hollande ha fatto della lotta alla corruzione uno dei suoi cavalli di battaglia. Ma ancora una volta, con lo scandalo Cahuzac, i socialisti, a loro volta, si ritrovano in mezzo agli affaires. Fino a ieri influente ministro del Bilancio, l’uomo politico (ma anche chirurgo plastico, che con i trapianti di capelli, la sua specialità, realizzati nella propria clinica privata, ha fatto fortuna, grazie ai clienti dell’alta società parigina) è accusato di aver detenuto un conto bancario in Svizzera, dove avrebbe spostato parte dei suoi capitali, per evitare di pagare tasse elevate al proprio Paese, almeno fino al 2010, quando questi soldi sarebbero stati trasferiti, ancora per la stessa ragione, verso un paradiso fiscale più sicuro, Singapore. Il fascicolo giudiziario è stato appena aperto dalla Procura parigina. E Cahuzac ha sempre sostenuto di essere innocente, di non avere mai aperto conti bancari all’estero. E di voler dimettersi “per meglio difendersi”. Ma i primi elementi dell’inchiesta, venuti fuori nei media, intercettazioni comprese, sono a suo carico a dir poco imbarazzanti.
Non sono trascorse neanche 24 ore da quelle dimissioni che (della serie: un colpo al cerchio, uno alla botte) riaffiora una vecchia storia (assai imbarazzante) per Christine Lagarde, stavolta espressione del fronte politico conservatore. L’attuale direttore generale del Fondo monetario internazionale era responsabile del dicastero del Bilancio nel 2007, messa lì proprio da Sarkozy. E fu lei ad affidare la soluzione alla vertenza Tapie-Adidas a un tribunale arbitrario invece che alla giustizia ordinaria. Di cosa si trattava? Bernard Tapie, raider e attore, prima vicino ai socialisti e poi diventato consigliere di Sarkozy, rilevò nel 1990 la Adidas, in gravi difficoltà, con i finanziamenti di Crédit Lyonnais, banca pubblica. Che poi, però, lo scaricò, facendo fallire le società di investimento di Tapie. Lui ha fatto una battaglia per essere risarcito. E, appunto, con la decisione della Lagarde di passare la patata bollente alla negoziazione privata (già molto discussa ai tempi e messa in relazione a possibili pressioni di Sarkozy), Tapie ha ottenuto un risarcimento record di 403 miliardi. Al netto delle pendenze con il Fisco, il “pirata Bernard” ha intascato la bellezza di 240 milioni. Oggi, però, nel contesto di un’inchiesta sulla vicenda, la casa della Lagarde è stata a sorpresa perquisita. Tanto per ricordare che il problema degli affaires in Francia è trasversale. Tocca tutti. Un giorno a destra. Un giorno a sinistra.