Ieri sera il parlamento cipriota ha respinto il piano del governo Anastasiades per tassare i propri depositi bancari per contribuire al salvataggio del proprio sistema bancario, ormai fallito. La decisione era tristemente prevedibile ed è il risultato della coincidenza di almeno quattro “gruppi” di interesse contro la tassa. Il primo è quello dei piccoli risparmiatori, che giustamente protestano contro la tassa sui risparmi per salvare l’ipertrofico e opaco sistema bancario cipriota. Il secondo è la “lobby della finanza”, che vede con grande preoccupazione l’affermarsi del principio secondo il quale i conti correnti bancari diventano “sequestrabili” e tassabili a insaputa dei titolari dei conti. Un principio che spaventa molto l’industria del movimento del denaro. Il terzo e il quarto riguardano invece la Russia di Putin. Da un lato infatti ci sono imprenditori, trafficanti, oligarchi e tutta quella pletora di investitori più o meno trasparenti che hanno fatto di Cipro la loro base operativa, visto che nella piccola e assolata isola trovano la “protezione della privacy” che la Svizzera offre sempre meno per il processo di integrazione con le normative antiriciclaggio europee (si stima che circa 30 dei 70 miliardi di fondi parcheggiati a Nicosia siano russi).
L’ultimo invece è ancora più opaco e di natura geopolitica. La Russia ha una buona base finanziaria, ma anche operativa vicino al medio oriente. Che in questo momento vuol dire vicino all’amica Siria e al dittatore Assad, così bisognoso di armi e finanziamenti.
Nei mari vicini a Cipro, tra l’altro, si stimano grandi riserve offshore di gas naturale. Riserve che Israele non starà a guardare ancora per molto, e che fanno gola alla russa Gazprom. Gazprom si è già offerta di “salvare” le banche cipriote in cambio dello sfruttamento delle risorse naturali cipriote.
Non stupisce quindi che sull’isola ci siano già folcloristiche manifestazioni di piazza con bandiere russe, sventolate da ciprioti con un pesantissimo accento slavo.
La coincidenza di questi interessi, assai diversi, ha affondato il piano concordato tra il premier Anastasiades e la Troika (Fmi, Ue, Bce). E ora? La partita è aperta. Il governo di Cipro ha scoperto un nuovo potere deterrente: se la Troika non ammorbidirà il pacchetto per il salvataggio Cipro potrebbe abbandonare l’euro e l’Europa per un completo e pervasivo “abbraccio” con Mosca. Per questo oggi i negoziatori ciprioti sono a Mosca per capire i termini offerti.
In realtà, come suggerivano molti commentatori ieri, l’Ue potrebbe facilmente cancellare la parte più odiosa della misura, il prelievo sui piccoli conti correnti. La stessa cifra (5,8mld di euro) si potrebbe ottenere tassando al 15% i grandi conti esentando, allo stesso tempo, i depositi al di sotto dei 100mila euro. Ma indovinate su chi graverebbe questa misura? Mosca, ancora.
Dal punto di vista “russo”, d’altronde, conviene comprarsi tutte le banche di Cipro con 10mld e continuare a fare business, o essere tassati dall’Ue per 3-5mld di euro e ritrovarsi con un sistema in amministrazione controllata?
Finanza, lobby economiche e geopolitica del Mediterraneo si mischiano in questa micro riedizione dal sapore antico di guerra tra “blocchi”. Se fosse solo una questione economica e finanziaria la Ue dovrebbe, dopo un tentativo di rinegoziazione del pacchetto di salvataggio, abbandonare Cipro al suo destino. Ma non lo è più, e forse non lo è mai stata. L’esito quindi è più incerto.
Le negoziazioni restano aperte, mentre la Bce continua a sostenere la liquidità delle banche cipriote guadagnando tempo e temporaneo sollievo ai mercati.