In Berlinguer - Il pensiero lungo, giovedì 21 marzo a Crevalcore, 40 anni di storia politica seguendo parole e discorsi di una figura chiave del dopoguerra italiano. L'attore Eugenio Allegri: "Nessuna nostalgia o commemorazione, ma solo molti giovani che finito lo spettacolo mi dicono: non credevamo che in Italia fossero esistite persone così"
Si torna a parlare di Enrico Berlinguer – stavolta in teatro – grazie a Berlinguer – I pensieri lunghi di Giorgio Gallione con Eugenio Allegri, produzione del genovese Teatro dell’Archivolto in scena il 21 marzo alle 21,00 a Crevalcore, Sala Ilaria Alpi dell’ex biblioteca comunale. L’appuntamento fa parte della stagione teatrale di Crevalcore che, colpito dall’indisponibilità del Teatro Comunale lesionato dal terremoto, ha scelto di usare altri spazi presenti nel territorio in attesa del completamento del nuovo Auditorium.
Eugenio Allegri, Berlinguer è un personaggio a cui si pensa molto in contrasto con la politica di oggi: come lo avete raccontato?
“Nel testo di Gallione io agisco da testimone oculare di una vicenda politica durata quarant’anni esatti, dalla rivolta del pane di Sassari nel 1944 al comizio di Padova del 1984. Io riporto situazioni, frasi, documenti. E parliamo soprattutto di storia politica perché Berlinguer, come tutti i politici della sua epoca e forse anche in misura maggiore, ha avuto una vita privata impenetrabile, separata dalla dimensione pubblica. Quindi parliamo di qualche sogno, di utopie e di molte sconfitte”.
Questo carattere schivo, quello che nei suoi ultimi anni si contrappose con grande evidenza all’esuberanza di Bettino Craxi, non rende la figura di Berlinguer poco teatrabile?
“Noi ci siamo affidati molto alle parole di Berlinguer, ai suoi discorsi. Perché i suoi interventi sono capolavori di costruzione lessicale, grammaticale, che oggi i politici si sognerebbero. Seguire la scansione delle proposizioni nei suoi testi ti fa entrare in una dimensione in cui chi ascolta è costretto a dei ragionamenti: non sono mai discorsi fini a sé stessi, non danno mai delle soluzioni immediate ma chiamano in causa l’ascolto, la riflessione, l’assunzione di responsabilità. Se poi lo paragoniamo a Craxi, beh, lì siamo già al berlusconismo, c’è già la vicenda dell’occupazione mediatica che serve a oscurare la capacità di ragionare con slogan, proclami… Berlinguer è tutto il contrario, chiedeva una corresponsabilità”.
Berlinguer rischia di apparire distante dall’attualità, soprattutto per gli spettatori più giovani che non conoscono i contesti della sua politica.
“È la qualità dell’ascolto da parte del pubblico che mi sorprende in questo lavoro. Vedo che i più anziani vengono e ritrovano certe emozioni, mentre i giovani scoprono qualcosa che non conoscevano, per fortuna molti ragazzi vedono lo spettacolo e alla fine vengono con innocenza a dirti: “Non sapevamo che esistesse anche un’Italia come questa, con persone così”.
Però il rischio di una retorica della nostalgia a senso unico c’è.
“Ci siamo posti naturalmente il problema di non essere commemorativi. Intanto, abbiamo raccontato molto le sconfitte che la politica di Berlinguer ha incontrato. E poi di parole su Berlinguer nello spettacolo ce ne sono poche. Solo nel finale ci concediamo una riflessione più complessiva, con un discorso scritto peraltro da Enzo Costa, il giornalista che ha raccontato il suo Berlinguer in modo molto personale. Diciamo che approfittiamo di Berlinguer per parlare della storia italiana e dei problemi della nostra società dal dopoguerra in avanti. Alla fine mi sembra che siamo riusciti a non cadere nel ricatto della nostalgia e della malinconia”.
E lei, personalmente? Come ha vissuto gli anni di Berlinguer e le esperienze politiche dei suoi anni da segretario?
“Sono stato nel Pci dal ’76 all’89, venivo dal movimento studentesco delle periferie di Torino. Ho vissuto otto anni dell’esperienza di Berlinguer segretario, con tutti i grandi temi che lui sottoponeva a noi militanti: il ’76 è l’anno in cui Berlinguer va a dire a Mosca che la rivoluzione sovietica aveva esaurito la sua spinta propulsiva. L’anno in cui tolse dallo statuto del partito l’articolo 5 con il riferimento al marxismo-leninismo. Berlinguer imponeva la questione femminile, la questione giovanile, ci chiedeva di impegnarci sui fronti più problematici e di non accomodarci mai in qualcosa di acquisito. È stato un periodo di politica molto vivace, di partecipazione… Poi ho scelto il teatro perché ho pensato che era una sfida provare a interpretare la società con i mezzi dell’arte, ma è stata una scelta combattuta”.
Per la politica dei partiti sono questioni tutt’altro che superate…
“Oggi la politica è cambiata e i bisogni sono diversi, non possiamo dire “allora facciamo tutto come Berlinguer”, ci mancherebbe… però è un’occasione, è un tassello in più per la riflessione su quei tempi e su questi. Laicamente credo che si possa vedere questo spettacolo come un invito alla riflessione e non come una risposta”.
Berlinguer – I pensieri lunghi di Giorgio Gallione sarà in scena giovedì 21 marzo (ore 21.00) alla Sala Ilaria Alpi dell’ex biblioteca comunale, in via Persicetana 226 a Crevalcore. Informazioni e prenotazioni 051-988311 334-1406765 prosa@comune.crevalcore.bo.it