Una «figura istituzionale», come il neopresidente del senato Piero Grasso, oppure «un’altra e alta personalità indipendente» che goda, se non della fiducia, quantomeno del nulla osta del Movimento 5 stelle. Potrebbe infine diventare questo l’identikit della persona cui si rivolgerà il capo dello stato Giorgio Napolitano, che oggi ha iniziato le consultazioni, per affidarle un «incarico esplorativo», o persino «pieno», al fine di formare il governo. Un governo, dunque, non solo a trazione Pd, ma con una sempre maggiore influenza politica da parte del M5S.
Si tratta dell’ipotesi «più peregrina» all’avviso della maggioranza della classe politica, Pd in primis, ma in quanto tale tutt’altro che da escludere. Se non altro in quanto l’altra formula da cui risulti una maggioranza parlamentare, le larghe intese con il Pdl propugnate dai centristi e anche dalla Lega, viene esclusa «a priori» dal Pd, che non vuole«compromettersi» col centrodestra né pagarne il dazio fatale nelle urne.
Sebbene il barometro politico e dei bookmaker sia fisso sull’incarico a Pierluigi Bersani, il maltempo che imperversa sui palazzi capitolini della politica dice che i numeri per un governo del segretario del Pd sono «quantomeno risicati». Certo «il Pd non cambia linea – va ripetendo Bersani – Andrà alle consultazioni con la proposta votata dalla direzione»: cioè quella di un incarico al segretario per un governo che ottenga via libera dal M5S, potendo contare sul viatico di leghisti e montiani, escludendo al tempo stesso qualsiasi convergenza col centrodestra.
Se su questa prospettiva i numeri potrebbero esserci, ma nemmeno nel gruppo Pd del senato sono del tutto persuasi, la maggioranza politica invece no. Al che né Bersani né sopratutto Napolitano potrebbero essere dell’avviso di insistere su questa strada. Lo stesso staff del segretario Pd in queste ore ha ammesso «la possibilità» che Bersani preferisca soprassedere rispetto al rischio di fallire. Al che dipenderà da cosa diranno le forze politiche nelle consultazione e anche da cosa chiederà loro il capo dello stato.
Il M5S ha detto chiaro che non sosterrà né un governo Bersani né di un altro esponente Pd. I più ritengono che i grillini non offriranno il visto a nessun governo comunque sia. Tuttavia il capo dello stato potrebbe chiedere loro uno o più nomi che possano godere se non altro di un nulla osta al senato (tecnicamente l’astensione è un voto contrario e anche per non partecipare al voto occorrerebbe che una parte dei senatori rimanesse in aula per garantire il numero legale): un nome che incontrerebbe la fiducia del Pd. D’altronde, il pressing in favore della nascita di un governo è destinato a crescere non solo per volontà di Napolitano: poi saliranno la pressione dei mercati e dello spread. Mentre sul piano parlamentare ormai quasi solo il Pdl è propenso al rivoto subito: già centristi e Carroccio vogliono in tutti i modi evitare un ritorno alle urne da cui uscirebbero malconci, anche il Pd è pressato dai sondaggi che lo danno in calo a vantaggio del M5S, allo stesso Grillo non conviene affrontare una campagna dove risulti il principale impuntato di nuove elezioni, i renziani e le altre componenti Pd hanno «bisogno di tempo» per riallinearsi al via.
Sono due, in particolare, i nomi che si fanno: quello del presidente del senato Piero Grasso e quello del costituzionalista Stefano Rodotà. Soprattutto il primo, però, ottempererebbe al meglio a tutte le esigenze. Grasso è una figura istituzionale gradita al Pd che ha già ottenuto un viatico dell’aula del senato da una parte del M5S. Al capo dello stato premerebbe soprattutto poter avere parola in merito al ministro dell’economia: il particolare la sua preferenza andrebbe a Fabrizio Saccomanni, direttore generale e numero due di Bankitalia. Per il resto Napolitano darebbe incarico a Grasso di formare un esecutivo il più autorevole e indipendente possibile, per il quale sono già circolati numerosi nomi.