Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono stati iscritti nel fascicolo subito dopo la morte dei due pescatori indiani. Ora si valuta se trasmettere gli atti anche alla procura ordinaria che indaga per il reato più grave di omicidio volontario
La loro iscrizione nel registro degli indagati risale a subito dopo la morte dei due pescatori indiani, ma la notizia è trapelata solo oggi al termine dell’interrogatorio in procura militare. I due marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono indagati per i reati di “violata consegna aggravata” e “dispersione di oggetti di armamento militare”. Sono arrivati nel pomeriggio, in uniforme, e sono entrati a piedi senza rilasciare dichiarazioni.
Il procuratore militare Marco De Paolis sta valutando se trasmettere gli atti alla procura ordinaria di Roma che indaga per il più grave reato di omicidio volontario. Il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e il sostituto Elisabetta Ceniccola, titolari del fascicolo, hanno disposto una perizia sul computer e sulla macchina fotografica della nave. L’accertamento tecnico si svolgerà il 28 marzo prossimo in contraddittorio tra le parti, ossia alla presenza di esperti in rappresentanza degli indagati.
Attraverso il computer di bordo, sul quale sono registrate le conversazioni tra il comandante dell’equipaggio e l’armatore, nonché le comunicazioni fatte dagli organismi italiani, e la macchina fotografica, sulla quale sono memorizzate le immagini di quello che era ritenuto un attacco di pirati e la successiva reazione dei marò, gli inquirenti intendono ricostruire quanto accaduto, in acque internazionali, al largo dell’India. Una ricostruzione, comunque, parziale, visto che agli atti del fascicolo processuale mancano, tra l’altro, i risultati degli esami autoptici eseguiti sui cadaveri dei due pescatori, le perizie balistiche, le prove di sparo sulle armi di Latorre e Girone e i resoconti dei testimoni indiani. Atti sollecitati in due distinte rogatorie internazionali alle autorità indiane, ma che non hanno finora sortito l’effetto auspicato. Agli atti dei pm Capaldo e Ceniccola ci sono le versioni fornite dai due marinai, (“sparato 7-8 colpi in mare per scoraggiare l’avvicinamento di un’imbarcazione diversa da quella mostrata dalle autorità indiane”). Con la perizia si auspica di ampliare i dati in loro possesso. Ad esempio, dalla macchina fotografica si potranno avere conferme sul tipo di imbarcazione presa di mira da Latorre e da Girone.
A margine dell’attività istruttoria, una fonte di governo ha ribadito le ragioni di diritto in base alle quali l’Italia ha legittimamente deciso di non fare tornare i due militari in India. Se infatti ciò fosse avvenuto, dopo la sentenza della Corte suprema di New Delhi (con particolare riferimento alla decisione di sottoporre i due marò a un Tribunale speciale non ancora costituito), ci sarebbe stata una “chiara violazione” delle nostre norme costituzionali. Nello specifico, degli articoli 25, 26 e 11 della Carta, con particolare riferimento al rispetto del giudice naturale precostituito per legge e al divieto di estradizione dei propri cittadini. Per questo, sottolinea la fonte, non c’è stato alcun “tradimento” dell’affidavit italiano, che subordinava il rientro dei due militari al rispetto della Costituzione.