Nel 2009 l'aereo AF447 è precipitato nell'Oceano Atlantico con 228 persone a bordo. Finora si riteneva che l'incidente fosse stato causato da un guasto tecnico. Ma secondo Le Figaro il primo pilota avrebbe trascorso i giorni precedenti con alcuni amici e l'amante, dormendo poco
Per trovare una spiegazione alla tragedia dell’AF447, l’aereo di Air France in volo il primo giugno 2009 da Rio de Janeiro verso Parigi, precipitato nell’oceano Atlantico con 228 persone a bordo, per anni è stata accreditata solo l’ipotesi di un problema tecnico. Quello dell’errore umano è rimasto (troppo) a lungo un tabù: inconcepibile per una compagnia aerea dalla reputazione eccellente e provvista di velivoli affidabili. Ma negli ultimi tempi la verità sta emergendo. L’ultima scoperta, ad esempio, è stata che il comandante di quel volo non solo aveva dormito pochissimo prima di imbarcarsi a Rio (questo era già stato reso pubblico a metà marzo), ma aveva trascorso i giorni precedenti, quelli dello scalo nella città brasiliana, con l’amante e con un gruppo di amici a divertirsi. Arrivando il primo giugno all’aeroporto per il ritorno letteralmente esausto.
La novità arriva dal testo di una mail appena pubblicata dal quotidiano Le Figaro. L’autrice è una hostess di Air France, amica e collega di Marc Dubois, il comandante morto su quel volo. L’hostess scrive subito dopo la tragedia a un altro pilota, raccontando che “il 28 maggio al mattino, quando Marc e l’equipaggio stavano per partire per il viaggio di andata verso Rio, lui mi aveva telefonato dall’aeroporto di Parigi dicendomi che era così contento, perché si trovava con Véronique: era riuscita ad accompagnarlo”. Véronique è definita nell’articolo come l’amante di Dubois. E l’amica del comandante nella mail accenna anche ai problemi personali di Dubois, “annientato da come veniva descritto agli occhi dei suoi figli”. L’hostess aggiunge: “Mi colpevolizzo perché anch’io dovevo essere su quel volo con lui. Ho rinunciato solo per un problema di salute. Dovevamo incontrare a Rio un gruppo di amici”.
In effetti, secondo le informazioni raccolte da Le Figaro, Dubois e Véronique avevano ritrovato degli amici a un’ora di strada da Rio. Avevano trascorso quei giorni tutti insieme, divertendosi molto e dormendo poco. La domenica addirittura, prima di ripartire, tutto l’equipaggio era andato a fare un giro in elicottero sulla baia di Rio, assieme alle persone che li accompagnavano in viaggio. Uno degli altri due copiloti, che si sarebbe poi ritrovato con Dubois sul volo del ritorno, era lì con sua moglie. Queste informazioni si aggiungono ad altre, emerse pochi giorni fa e tratte dal rapporto giudiziario presentato sull’incidente l’estate scorsa al Tribunale di Parigi. Tutti elementi che finora erano stati tenuti riservati. In pratica, nella cabina, il comandante all’inizio del volo disse: “Stanotte non ho dormito molto bene. Un’ora appena. Non è sufficiente”. Insomma, si cominciano a trovare spiegazioni a certi comportamenti anomali del comandante, nelle ore che precedettero il crash.
Perché se ne andò a dormire poco prima che l’aereo si inoltrasse al centro dell’oceano Atlantico, la tratta più pericolosa di tutto il viaggio a causa di frequenti perturbazioni? Dalle registrazioni effettuate in cabina emerge che Dubois arrivò tardi, al momento in cui l’aereo iniziò a precipitare: perché restò inerme dietro ai due copiloti, rispetto ai quali aveva più esperienza? Secondo quanto aveva detto stava uscendo da un sonno profondo e, sopraffatto dalla stanchezza, a fatica riusciva a capire cosa stesse succedendo. Questione di pochi minuti: l’AF447 scivolò verso il basso. E verso il suo triste destino.
Intorno alle ultime rivelazioni sta montando la polemica. E si rompono certi tabù. Uno steward, comandante di cabina presso Air France, intervistato ancora da Le Figaro (ma mantiene l’anonimato), ricorda come “molti colleghi partono con uno spirito particolare, la volontà di fare la festa, verso certe destinazioni lontane. E con le loro donne a bordo o parenti e amici, grazie ai biglietti gratis concessi dalla compagnia. In tanti dimenticano che partono per lavorare. E pure i giorni di scalo tra l’andata e il ritorno rappresentano giornate di lavoro, nelle quali prepararsi al tragitto successivo”. Così non fu, pare, per l’AF447 Rio-Parigi.