Una sala da duecento posti piena, un altro centinaio di persone in esubero sedute per terra o in piedi. Così si è presentata la situazione a Milano sabato 16 marzo a Palazzo Marino, al convegno indetto dall’Anpi nazionale, l’associazione dei e delle partigiane, organizzato proprio dal Coordinamento delle donne. Tra queste anche giovani sotto i 30 anni, perché l’associazione ha aperto da alcuni anni le iscrizioni a chiunque voglia partecipare alle attività.
Un titolo forte e chiaro: ‘La violenza e il coraggio – Donne, Fascismo, Antifascismo, Resistenza, ieri e oggi‘, a ribadire un concetto semplice: la storia si insegna e si impara a scuola, ma la memoria si costruisce in ogni luogo del quotidiano, ed è una storia fatta di scelte. Scelte nelle parole che si pronunciano, nei ricordi da tramandare nelle narrazioni che diventano fili tesi tra generazioni.
Si può scegliere di rubricare come ‘passato’ quella fase della vicenda politica, sociale e umana che ha visto, nella Resistenza, l’unica palestra di democrazia condivisa da uomini e donne cattoliche, comuniste, anarchiche e socialiste. Si può cancellare con una alzata di spalle la tragedia del fascismo e delle leggi razziali, per non parlare della retriva retorica familista che ancora l’Italia si trascina nella cultura diffusa anche dai media.
Ma quando si ascoltano le voci vibranti di donne e uomini che hanno vissuto il (primo) ventennio di buio di questo Paese è difficile non emozionarsi.
Lidia Menapace e Marisa Ombra invitano le giovani donne che le guardano sedute a terra con occhi attenti a usare ironia e sberleffo contro il patriarcato e il machismo: ”Vi dicono che le donne non possono accedere al sapere scientifico perché hanno il cervello più piccolo? Perfetto, rispondete che di certo anche il diamante è più piccolo di una zucca, che certo pesa di più della pietra preziosa” – dice Lidia Menapace, classe 1924, autrice del recente ‘A furor di popolo‘.
L’invito è a non farsi intimidire dagli stereotipi e dai pregiudizi. E’ una richiesta che arriva da donne che, come racconta Marisa Ombra nel suo bellissimo ‘Libere sempre’ (Einaudi 2012), a soli 17 anni erano già in montagna a rischiare la vita solo perché portavano notizie e aiuti ai partigiani.
Poco più che bambine molte di loro hanno iniziato la fase adulta dell’esistenza fronteggiando la violenza e hanno scelto da sole da che parte stare, spesso optando per la lotta non-violenta. Le intense letture fatte dall’attrice Aglaia Zanetti hanno alternato brani tratti da libri di donne della Resistenza a passi provenienti da testi sacri dei teorici del fascismo, perle di raggelante attualità: “Non darò il voto alle donne. La donna deve ubbidire. La mia opinione della sua parte nello Stato è opposta ad ogni femminismo – si legge sugli schermi in sala – Naturalmente non deve essere schiava, ma se le concedessi il voto mi si deriderebbe. Nel nostro Stato non deve contare”. O anche: “La guerra sta all’uomo come la maternità sta alla donna”.
Così Benito Mussolini, mentre Ferdinando Loffredo, filosofo e teorico del regime, affermava: ”Il lavoro femminile crea nel contempo due danni: la ‘mascolinizzazione’ della donna e l’aumento della disoccupazione. La donna che lavora si avvia alla sterilità”.
Vale la pena di rammentare questo recente passato per evitare a chi è più giovane il pericolo di sottovalutare il danno possibile derivante dal non custodire e attualizzare la memoria: questo appuntamento, del quale presto si avranno gli atti (di cui si può vedere qualche stralcio qui o ascoltare alcuni passi audio) ha sapientemente mescolato storia di ieri e realtà contemporanea con l’urgenza di riannodare fili che rischiano di essere tagliati.
“I partigiani vanno nelle scuole – ha detto Marisa Ombra – Magari sono stanchi perché hanno molti anni, ma escono dagli incontri con i giovani pieni di energia. Basta che vengano chiamati e loro arrivano”.
Ascoltiamoli di più questi partigiani.