Mentre slitta a venerdì Santo l’udienza del Tribunale del Riesame di Napoli che deve pronunciarsi sulla scarcerazione dell’ex potente deputato del Pdl Nicola Cosentino – da venerdì 15 marzo recluso al carcere di Secondigliano – in una cella nel padiglione T1, quello riservato ai detenuti di alta sicurezza e imputato in due diversi processi con accuse che vanno dal reimpiego di capitali e corruzione aggravati dalla finalità mafiosa al concorso in associazione mafiosa – nubi grigie si addensano sul capo del suo ex compare di merende “politiche”, il riconfermato deputato Luigi Cesaro, conosciuto con il soprannome poco istituzionale di Giggino ‘a purpetta.
Non è casuale se per la prima volta il boss pentito del clan dei Casalesi Luigi Guida soprannominato “’o ndrink”, per anni ai vertici della cosca casertana, ha deciso di parlare del potente politico di Sant’Antimo e della sua famiglia. L’ex padrino nel corso dell’udienza del 6 marzo al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha vuotato il sacco raccontando ai giudici degli interessi dei Cesaro nel comune di Lusciano e in particolare svelando accordi segreti su gare d’appalti : quella per il Pip (piano insediamento produttivi) e una riguardante un centro di riabilitazione. Esce fuori un patto d’acciaio tra politica, imprenditoria e camorra. La trama è sempre la stessa: la “cosa pubblica” diventa la “cosa loro”. Non è la prima volta e non sarà l’ultima che Luigi Cesaro, ex presidente della Provincia di Napoli viene tirato in ballo in storie che per usare un eufemismo chiamiamo “opache”. Il deputato Giggino ‘a purpetta era rimasto già coinvolto a metà degli anni Ottanta in un’inchiesta sul clan capeggiato da Raffaele Cutolo e assolto con sentenza definitiva dopo una condanna in primo grado per favoreggiamento a 5 anni di carcere. Non molto tempo fa durante un’intercettazione effettuata nel corso di un colloquio in carcere, il padrino Cutolo riferiva a una nipote – in cerca di un favore – di farsi aiutare da Cesaro, ora uno importante, che anni addietro gli avrebbe anche fatto “da autista”.
Il nuovo Parlamento insomma a breve potrebbe occuparsi del deputato Cesaro: risalirebbe a circa un anno fa la richiesta d’arresto dell’onorevole, da parte della Procura all’Ufficio gip di Napoli. L’inchiesta prende le mosse dalle dichiarazioni del 2008 di Gaetano Vassallo, stakeholder dei rifiuti per conto dei Casalesi, che accusa Cesaro di relazioni con elementi di spicco del clan. Sotto la lente, appunto, il Pip e i capannoni della Texas Instruments, con la riconversione dell’area dismessa. Riferisce Vassallo: “Mi spiegarono che Luigi Cesaro doveva iniziare i lavori presso la Texas di Aversa e che in quella occasione si era quantificata la mazzetta che Cesaro doveva pagare al clan. Inoltre gli stessi avevano parlato con il Cesaro per la spartizione degli utili e dei capannoni che si dovevano costruire a Lusciano attraverso la ditta del Cesaro, sponsorizzata dal clan Bidognetti”. Verità di un collaboratore di giustizia ritenuto più che attendibile dai giudici e che adesso trova anche un riscontro inaspettato dal “di dentro” della cosca con il racconto del boss Luigi Guida. C’è da capire perché l’ex padrino solo ora ha deciso di parlare dei rapporti tra camorre e politica.
La vera spiegazione la si può mettere in relazione al tramonto del potere dei signori del Pdl campano e in particolare con il disboscamento della vegetazione politico-istituzionale che attorniava un potente come Nicola Cosentino. Occorre capirle e interpretarle le strategie degli uomini dei clan. Non agiscono d’istinto. Aspettano, riflettono, leggono lo scenario. Non ci troviamo di fronte a dichiarazioni a orologeria ma al termine di una lucida analisi degli eventi. Ricordate il boss della mafia e primo pentito di peso di Cosa nostra Tommaso Buscetta? Prima di parlare del rapporto tra mafia e politica attese lo scioglimento dei ghiacciati. Ecco la caduta di Nicola Cosentino, il tramonto del suo sistema di potere ha fatto maturare, evidentemente, delle scelte e accelerato un cambio di scenario significativo. Oltre a “’o ndrink” altri potrebbero sentirsi liberi d’illuminare con i loro racconti le zone d’ombra che spesso al Sud accompagnano il successo di alcuni impresentabili e le loro formazioni politiche. Ci sono spazi. S’intravedono praterie di verità.
E’ caduto il Cosentinismo – si sa – quando la barca affonda c’è il “si salvi chi può”. Il comandante – però – è rimasto al timone di quel potere e sta dimostrando ancora una volta di essere un leader. L’atteggiamento del detenuto Cosentino è rigoroso. Finita l’immunità, si è consegnato alla casa circondariale senza fiatare. Nell’interrogatorio di garanzia in carcere ha ribadito al gip di essere innocente e di respingere tutte le accuse. E’ in cella e non si lamenta. Ha deciso e promesso alla famiglia che da detenuto non vuole presenziare ai suoi processi e farsi vedere dietro le sbarre di una gabbia. Il suo messaggio sembra inequivocabile per chi dalla parte sua sa capire: “Io sono un vero uomo. Non mi nascondo. Mi prendo gli oneri. Difendo una storia. Non pagherò per tutti”.